I l 16 agosto del 2022 il presidente Usa, Joe Biden, ha firmato l’Inflation Reduction Act (IRA), un piano di riduzione del deficit pubblico e di investimenti in campo climatico e sanitario per un totale di 437 miliardi di dollari.

Si tratta di un pacchetto di norme che rappresenta il cardine dell’agenda politica di Biden. Da un lato, esso mira ad aumentare gli introiti statali di circa 737 miliardi di dollari attraverso l’introduzione di una tassa minima del 15% a carico delle grandi corporations.

D all’altro, prevede un piano di investimenti da 437 miliardi, perlopiù concentrati nella lotta al cambiamento climatico e nel settore energetico. Tra gli obiettivi dichiarati c’è la riduzione dell’inflazione e la creazione di milioni di nuovi posti di lavoro green. Ma un obiettivo centrale resta anche quello di tagliare del 40% le emissioni di gas serra entro il 2030, favorendo la produzione di energie rinnovabili (solare ed eolica) anche attraverso un investimento di 30 miliardi di dollari. Inoltre, l’IRA stanzia 370 miliardi per favorire la transizione energetica e lo sviluppo delle tecnologie verdi; e altri 280 miliardi per la ricerca scientifica e per riportare a casa le produzioni dei semiconduttori più strategici. In queste manovre c’è indubbiamente una componente protezionista, in quanto gli incentivi vanno solo a chi localizza i nuovi investimenti negli Stati Uniti: con la finalità implicita di risucchiare negli States molte multinazionali europee.

Giocando d’anticipo sulle prevedibili contro-misure europee, per compensare il piano americano la segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, mercoledì 8 febbraio ha incoraggiato l’idea di sovvenzioni green anche da parte dell’Ue, sostenendo che ci sono abbastanza opportunità per tutti per beneficiare della transizione energetica pulita. Le dichiarazioni sono arrivate all’indomani dei colloqui con il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire e il suo omologo tedesco Robert Habeck, in visita a Washington per discutere dell’impatto dell’IRA sull’industria europea. Mentre gli Stati Uniti puntano dichiaratamente a ridurre la dipendenza dalle importazioni cinesi, l’Ue è tuttavia preoccupata per i danni collaterali che potrebbero verificarsi nel caso in cui le aziende europee fossero invogliate dai sussidi statunitensi a delocalizzare al di fuori dell’Unione. «Se l’Europa creasse sussidi simili ai nostri farebbe una buona politica per il clima» ha tuttavia dichiarato la Yellen ai giornalisti. Aggiungendo che l’Europa e gli Stati Uniti condividono gli stessi obiettivi: «Vogliamo assicurarci di avere forniture adeguate di tutti i materiali fondamentali per l’energia pulita, dalle batterie ai pannelli solari, alle turbine eoliche».

La stampa internazionale ha definito quello americano come l’approccio “della carota”, che sostiene coi sussidi pubblici le aziende che avranno il compito di investire miliardi di dollari in tecnologie pulite e materie prime fondamentali. Esso si contrappone all’approccio europeo che, almeno sinora, si è basato sul disincentivo dei prezzi, che restano alti anche per compensare le sanzioni imposte ai processi produttivi basati sull’uso del carbone.

L’IRA statunitense è suonata come un campanello d’allarme per l’Europa. Perciò, le contromisure decise dal Consiglio europeo del 9 febbraio per difendere la competitività dell’industria Ue consistono anch’esse in aiuti di Stato per un «sostegno mirato, temporaneo e proporzionato» nei settori strategici per la transizione verde, con un fondo per la sovranità da costituire prima dell’estate. Quanto a rimuovere alcuni dei vincoli sugli aiuti di Stato, c’è una concessione: «Le procedure vanno rese più semplici, rapide e prevedibili e devono permettere che sostegni mirati e temporanei siano dispiegati velocemente nei settori strategici per la transizione verde e che subiscono l’impatto negativo dei sussidi esteri o di prezzi elevati dell’energia». Il costo degli interventi però sarà a carico dei bilanci nazionali, non del bilancio europeo.

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