S e la Costituzione non è un’opinione, va rispettata, senza se e senza ma. In questo caso, quello di una vera continuità territoriale aerea, l’ossigeno per una regione insulare, va attuata senza rinvii o ulteriori perdite di tempo. Il rischio è latente, a due passi dal baratro: nel momento del massimo riconoscimento costituzionale dell’insularità come svantaggio da colmare, la Sardegna è travolta dal momento più buio in uno dei suoi diritti fondamentali, quello alla mobilità. Non c’è più tempo per pacche sulle spalle, strigliate dell’ultim’ora, impegni generici e superficiali.

È il tempo della verità e delle soluzioni concrete. Da settimane, anzi mesi, il nostro giornale sta sistematicamente fotografando il degrado, giorno dopo giorno, di quella che, arbitrariamente, si continua a chiamare continuità territoriale. In realtà è tutto fuorché continuità, tutto fuorché territoriale. Si tratta di una palese, evidente, tangibile violazione costituzionale, non solo del principio insulare appena introdotto nella Carta delle leggi, ma anche delle disposizioni sulla coesione, sull’equità, sulle non discriminazioni. Sarebbe bastato un elementare vocabolario per tradurre il significato di continuità territoriale: ovvero, collegare due territori a pari condizioni, senza certificati anagrafici o di residenza. Per essere più chiari, non esiste un solo territorio italiano dove si entra o si esce con tariffe differenziate rispetto alla residenza. In ogni stazione ferroviaria tra Milano e Roma ogni cittadino, che sia laziale o lombardo, paga la stessa tariffa, lo stesso avviene nei caselli autostradali. In Sardegna, invece, non solo gli aerei, che sono e devono essere come i treni per le altre regioni, sono pochi e stracolmi, ma applicano tariffe differenziate tali da isolare, escludere, discriminare tutti coloro che non sono residenti nell’Isola. I sardi, quelli con scarsa lungimiranza, potrebbero infischiarsene dei “non residenti” e godersi per loro le tariffe “giuste”. In realtà basterebbe riflettere su chi sono i “non residenti” per capire il danno che si sta provocando all’Isola, al suo sviluppo, alla sua “equa” crescita. Tra i “non residenti”, per esempio, ci sono i padri, i figli, i nipoti di Sardegna, le generazioni di sardi costretti ad emigrare dalla loro terra alla ricerca di fortuna e lavoro. Loro sono nativi, ma “non residenti”. Per ritornare nella loro terra, dai loro affetti, per sentirsi più vicini alle loro radici, secondo l’attuale e futura pseudo continuità territoriale, dovrebbero sborsare ogni volta tra i 600/800 euro per una andata e ritorno con un volo da Milano per Cagliari, Olbia o Alghero. E poi ci sono i turisti, quelli che potrebbero venire in questo immenso giacimento di ricchezze ambientali, archeologiche e culturali chiamato Sardegna ogni giorno dell’anno. Non lo potranno fare, sceglieranno località facilmente raggiungibili, a costo “equo” e “giusto”. Restare inermi ad aspettare il nuovo disastro è ignavia irresponsabile, serve il coraggio e la determinazione per una soluzione tutta sarda, senza il solito ritornello delle Baleari o della Corsica. La tariffa unica con tariffe eque e giuste, senza discriminazioni di residenza, è la “via sarda” al diritto costituzionale e universale alla mobilità. Non servono alchimie, serve ripristinare, migliorandola, la tariffa unica applicata per nove anni in Sardegna, un’Isola per residenti, emigrati, turisti e cittadini con pari dignità e diritti.

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