P er secoli i diritti individuali sono stati l’elemento propulsore della lotta contro gli autoritarismi e le tirannie. Sono stati il fulcro di ogni democrazia e non è pensabile una moderna società avanzata che non si basi prima di tutto sui diritti, sulle libertà, sul rispetto per ogni individuo intesa nel suo significato più ampio. Troppo spesso, però, il significato diventa tanto ampio che sembra impossibile esprimere un’opinione, emanare una norma, prendere una decisione senza che qualcuno urli alla discriminazione, all’attacco alla libertà e al buon diritto individuale.

O gni categoria alla fine si ritiene intoccabile, ogni minoranza pretende che la sua voce venga ascoltata più di quella di altre minoranze e addirittura più di quella della maggioranza dei cittadini.

Siamo allora di fronte a una vera e propria ipertrofia dei diritti, che di fatto paralizza il Paese perché nessuno è disposto a rinunciare a ciò che considera acquisito per sempre, si tratti pure di rendite di posizione, super-pensioni, posizioni professionali che sono escluse dalla concorrenza del libero mercato.

Attenzione: non stiamo dicendo che si debba tornare al passato, al monarca assoluto che decide tutto sulle teste dei sudditi. Diciamo che si è di fronte a una eccessiva espansione dei diritti individuali, al punto che questi ledono il bene comune. Soprattutto oggi i diritti sono completamente disarticolati dai doveri. L’articolo 2 della Costituzione riconosce le libertà inviolabili dell’individuo. Poi però chiede l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà economica, civile, politica e sociale. Ebbene questa seconda parte è stata completamente dimenticata in nome di un buonismo che viene fatto passare per progressismo. Come al solito gli esempi aiutano la comprensione di una tesi: quando ci sono delle abitazioni popolari occupate abusivamente si scontrano abitualmente i sostenitori della necessità di ristabilire la legalità di fronte agli abusi e coloro che invece giustificano le occupazioni in nome del diritto alla casa.

A nostro parere esiste un diritto a essere aiutati dallo Stato nel momento in cui si è in difficoltà, soprattutto se si ha bisogno di un “tetto” per sé e per i propri cari. Non esiste però un diritto che giustifichi sempre e comunque le sopraffazioni. Non si deve, infatti, dimenticare che chi occupa illegalmente una abitazione, soprattutto nel caso dell’edilizia pubblica, lo fa sottraendo in piena coscienza la casa ad altri bisognosi. Persone e famiglie che quel “tetto” se lo sono visti assegnare spesso dopo anni di attesa e di rispetto delle regole. Parlare quindi di diritto alla casa di fronte a questi abusi significa ripetere slogan stantii e ottusi, come il famigerato “esproprio proletario” con cui si giustificavano i furti nei supermercati negli anni della contestazione studentesca.

Una società dove vigono solo diritti e si sfuggono i doveri è semplicemente una società malata, tossica, in cui le conquiste di un tempo – lavorative, salariali, di istruzione, di welfare – diventano sul lungo periodo privilegi per pochi. Alla fine, prevale la legge del più forte che fa valere quelli che ritiene i proprio diritti anche con la forza. Viene quindi meno la legalità e di conseguenza democrazia, tanto vituperata oggi, ma in fondo l’unico sistema capace nella storia umana di ampliare uguaglianza e benessere. Dobbiamo viceversa riscoprire l’essenza della democrazia, quell’essenza che parla anche di norme, regole, obblighi, doveri. Quell’essenza che rifugge l’egoismo individuale in favore del dialogo, della trattativa, del compromesso che non è per forza inciucio. Certo, la democrazia come ogn i creazione umana non è perfetta, però è il punto di approdo di una grande civiltà mondiale nel momento del suo massimo sviluppo. È un patrimonio da custodire e da rivitalizzare per non lasciare spazio alla legge del più forte presentata come affermazione di un diritto personale.

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