L a vicenda della sedia che non c'era ha avuto effetti forse non del tutto imprevisti. Lo sgarbo istituzionale della Turchia nei confronti dell'Europa, pensato molto probabilmente come atto di bullismo machista da parte di un Paese che pochi giorni prima era uscito dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne, al di là dello sconcerto iniziale e delle polemiche sull'organizzazione del summit, ha svelato che qualcosa non funziona. In Europa, innanzitutto, se davvero è stato lo staff del presidente del Consiglio europeo a organizzare nel dettaglio l'incontro.

S ì, perché il vertice che avrebbe dovuto riallacciare i rapporti tra l'Ue e la Turchia ha evidenziato la mancanza di unità nel Vecchio Continente. Del resto, se non si è stati capaci di prevedere la mossa turca studiata per imbarazzare Ursula Von der Leyen, e quindi non si è saputo adottare le necessarie precauzioni per evitarla, quel che è accaduto dopo pare pure peggio: nessuna reazione politica. Proviamo solo a immaginare cosa sarebbe successo se un'analoga accoglienza fosse stata riservata al presidente degli Stati Uniti. Il silenzio dell'istituzione Europa si può facilmente spiegare con la mancanza di una linea politica, che non scopriamo oggi e che tocchiamo con mano da tempo, per esempio con i vaccini e le difficoltà di procurare dosi anticovid per tutti.

A difendere con Von der Lyen l'Unione Europea intera ci ha pensato il presidente del Consiglio italiano Draghi: «Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono, di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese». Parole pacate nel tono ma durissime nella sostanza, capaci di tratteggiare una realtà fatta di democrazie che siglano accordi con governi che negano tanti diritti. Proprio come la Turchia che, però, svolge una funzione importante nel bacino del Mediterrano in chiave migrazioni, fa parte della Nato e ambisce a entrare nell'Unione Europea.

Draghi ha ritenuto di dover fare la dichiarazione più impolitica degli ultimi due decenni: perché? Difficile pensare che gli siano scappate parole di questa portata, così come è impossibile credere che non abbia previsto una reazione turca sugli interessi di importanti aziende italiane e su una rinnovata contrapposizione attorno alla Libia, dove Draghi ha effettuato, non a caso, il suo primo viaggio internazionale. Se il premier ha deciso di chiamare le cose e le persone col loro nome devono esserci ragioni concrete, anche perché l'attacco ha segnato un cambio di passo nella politica estera dell'Italia.

La ritorsione di Erdogan sembrava tradursi “solo” nella sospensione dei contratti con le aziende italiane, a cominciare da quello con Leonardo che ha una commessa da 70 milioni per la fornitura di elicotteri. E c'era allarme perché lo scambio commerciale con la Turchia coinvolge 1.500 società italiane, tra queste la Ferrero che da quelle parti produce le nocciole. Erdogan aveva mandato avanti i suoi portavoce per pretendere scuse ufficiali, e anche il suo silenzio aveva un significato. Ma poi ha alzato il tiro convocando ad Ankara l'intero governo libico. Eccolo il vero terreno di scontro: Draghi è andato in Libia con l'obiettivo di riattivare le relazioni dopo il cambio di guardia a Tripoli e, forse, ha portato una linea europea; Erdogan per tutta risposta ha siglato un accordo con la Libia per la ricostruzione e ha incassato pure il rinnovo dell'intesa sullo sfruttamento delle risorse nel Mediterraneo, contestata da Egitto e Grecia perchè presuppone la precedenza delle aziende turche nelle esplorazioni off shore alla ricerca di gas.

Se questo è lo scenario in cui si inserisce la vicenda del sofà è evidente che non puo bastare l'“ehm”, che voleva dire tutto e nulla, pronunciato da Von der Leyen rimasta senza sedia. Che cosa ha ottenuto l'Europa in quell'incontro? Gli accadimenti dei giorni successivi dicono che non è più tempo di infingimenti: occorre una posizione chiara sui diritti umani in Turchia come in Libia e sul rispetto degli interessi dei Paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Il pragmatismo di Draghi non è piaciuto al sultano di Ankara? Ora tocca all'Europa battere un colpo.

MARIA FRANCESCA CHIAPPE
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