L ’imperativo è il modo verbale con il quale si formulano i divieti. Il suo utilizzo è spesso tollerato dalle persone fragili e disposte a essere manovrate dalle imposizioni. Non stupisce, dunque, che nei social network spopoli una legione di nuovi eroi che si rivolgono a noi – popolo del web - per dirci quello che dobbiamo o non dobbiamo fare. “Ecco come devi usare il tuo stipendio!” impone un perfetto sconosciuto; mentre un altro – forte del milione di persone che lo seguono - intima: “Ecco sei cose per cui non devi mai chiedere scusa”.

M a, chi lo dice? E, soprattutto, perché lo si impone? La risposta è molto semplice: evidentemente chi ascolta è disposto a farsi trattare in questo modo. Spaventa dirlo, ma le persone pronte a subire l’uso costante dell’imperativo sono diventate ormai tantissime: e, fra queste, purtroppo, ci sono soprattutto i più giovani: quelli che a fatica riescono a scollare lo sguardo dal loro telefonino diventato, ormai, bibbia e guida omnicomprensiva all’esistenza umana.

Ma, andiamo avanti nel tragicomico florilegio di banali imposizioni che online si snocciola quotidianamente e senza sosta. “Non devi piacere a tutti!”, “Quattro alimenti che non devi mai mangiare a colazione!”. E, ancora: “Non devi dare spiegazioni a nessuno!” , “Non devi controllare i tuoi pensieri!”, “Devi essere uguale solo a te stessa!”. Per insegnare, un tempo, serviva un titolo di studio che conferiva autorevolezza a chi aveva seguito un lungo percorso di formazione personale. Oggi – nel marasma della democrazia online - qualunque imbecille può salire in cattedra e, abusando dell’imperativo, tentare di imporre la propria visione del mondo a masse di persone sempre più ignoranti e, dunque, facilmente influenzabili. La mediazione è scomparsa. Sul palco sale chiunque. Soprattutto chi strilla di più.

Forse sarebbe opportuno cominciare a difendersi da tanta debordante arroganza prendendo la sana abitudine di bloccare i profili di chi si rivolge a noi usando l’imperativo, per dirci come dovremmo o non dovremmo comportarci. Sarebbe un bel modo per dire basta. Per dire: “Io non ci sto!”.

“Non avvelenarti la testa provando a capire tutto. A volte non pensare è l’unico modo per essere felice”, ingiunge un guru dell’ovvio. Perché è proprio attraverso il non pensare, attraverso il non riflettere e il non andare a fondo che tanti imbecilli hanno ottenuto, online, seguito e visibilità, ma soprattutto l’ingannevole autorevolezza di chi impone e non suggerisce: perché conosce un’unica verità – la propria – e non è disposto ad alcun processo dialettico che è alla base di ogni sano rapporto, oltre che di qualunque matura democrazia.

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