S iamo in vista delle elezioni regionali del 25 febbraio, ed è bene che si sappia come e perché noi Sardi abbiamo un’autonomia speciale, come l’abbiamo avuta e come la stiamo gestendo. C’è un bellissimo libro di Mariarosa Cardia, intitolato “La nascita della Regione Autonoma della Sardegna” (Milano 1992), che ripercorre passo passo la storia degli anni post-bellici del secolo scorso, l’avvio della ricostruzione; la rinascita dei partiti politici in Sardegna; i dibattiti sull’autonomismo; le tendenze separatiste sarde; la Commissione per lo studio dell’ordinamento regionale.

E poi il progetto di Statuto, l’Assemblea costituente e, infine, l’approvazione dello Statuto sardo il 28-31 gennaio 1948. Quel che è triste rilevare per lo storico, è che lo Statuto speciale per l’autonomia della Sardegna, alla fine, non fu ottenuto per specifica volontà e richiesta dei Sardi, perché fu in sostanza una legge ottriata, impostaci d’autorità in una delle sue ultime febbrili sedute dall’Assemblea Costituente italiana di quell’epoca sul solco dello Statuto siciliano già concesso due anni prima, e dopo un rapido esame degli articoli e senza quella discussione generale che precede normalmente l’esame e l’approvazione di un disegno di legge di tale importanza. I tempi premevano, in quanto era ormai prossima la scadenza del mandato; quindi per la Sardegna fu plagiata in fretta e furia, e male, l’autonomia siciliana.

Il testo statutario copiato, nel complesso, soddisfaceva allora tutti i partiti sardi favorevoli al decentramento amministrativo ma l’ordinamento risultò in verità, a detta di Emilio Lussu, «assolutamente insufficiente».

La conclusione di Mariarosa Cardia, al fondo del suo lavoro, è amara. «Con l’approvazione dello Statuto sardo – scrive la studiosa – si apre un nuovo rapporto tra la storia locale, la questione sarda e la storia nazionale. In Sardegna nel dibattito sull’autonomia ebbe la preminenza il dato politico ed elettorale, prevalse, cioè, una concezione meramente strumentale. I ritardi, le cautele e le carenze culturali della classe politica regionale, sono imputabili solo in parte ai freni ideologici e politici posti dai partiti nazionali».

Solo il Partito Sardo d’Azione e la Democrazia Cristiana presentarono un proprio progetto statutario ma senza seguito. Ho letto all’Archivio di Stato di Cagliari i due documenti in questione; essi dimostrano, purtroppo, l’impreparazione e l’inadeguatezza sul pensiero autonomistico sardo; per cui, se non avessimo fatto ricorso all’escamotage siciliano, saremmo stati l’unica regione periferica italiana senza autonomia.

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