N on ci restano che le piattaforme a pagamento per attraversare queste interminabili serate di giugno senza essere sequestrati dal monopolio di un pugno di dolenti talk-show, facce e discorsi sempre gli stessi.

Ci hanno tolto il grande calcio, il teatro, la cultura, l’economia; ci saturano con lo spettacolo di un’umanità ignorante, rissosa e autocentrata che dà il peggio di sé davanti a qualsiasi telecamera, convincendoci così del nostro livello sub-civile: cosa pretendiamo dunque, a cosa possiamo aspirare se non ad essere trattati come un gregge di pecore?

I film decenti iniziano ben dopo le 21, passate un paio d’ore di lavaggio del cervello, e terminano a notte inoltrata, inframmezzati da una raccolta pubblicitaria (necessaria, per carità) ma che è ormai obiettivo primo e ragione stessa del mezzo televisivo (le trasmissioni sono intrattenimenti, riempitivi tra uno stacco pubblicitario e l’altro, siamo a questo).

Si paga qualsiasi extra (per vedere una partita, una gara) come ormai paghiamo per la salute; ci si abbona obtorto collo per poter vedere un benedetto film in novanta minuti e andare a letto ad un’ora decente.

P eraltro, in tempi di liste di proscrizione sto bene attento a scegliere sempre film americani (non ho detto io che Hollywood è la miglior fonte di propaganda dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi), da una parte cosciente e riconoscente per il contributo ricevuto di libertà e democrazia (come quando si apre un sito internet e occorre accettare i cookie, così ogni sera, prima delle preghiere, occorre ringraziare i nostri dante causa atlantici), dall’altra dolendomi che essendo la Nato un’organizzazione solo difensiva, non possiamo armarci e marciare su Mosca. O meglio, non possa l’Europa armarsi e far la guerra, certamente non noi o i nostri figli: immaginate i nostri ragazzi indolenti e malmostosi mandati al fronte, impreparati, innocenti, senza neanche gas e aria condizionata o la madre che gli prepari il pranzo, a combattere e morire nelle steppe russe? Non riusciamo ad affacciarci neanche nella Piazza Rossa senza avere mancamenti, non scherziamo.

In attesa di Top Gun vedo dunque giorni fa “The American President” con Michael Douglas che – sintetizzo – fa un meraviglioso sermone sui principi di libertà e democrazia per annunciare poi che emanerà una legge speciale, su cui mette la faccia, per limitare l’uso delle armi. Non cita l’Iraq o il Kosovo, Guantanamo, Assange o le stragi settimanali nei campus (è un film degli anni ’90, non Nostradamus), e lascia in bocca un sapore bellissimo d’America, il Paese che continuiamo testardamente a sognare, che ci ha educato e che ancora, sempre più, vorremmo che fosse la nostra adorata terra promessa.

Peccato svegliarsi oggi col video del figlio di Joe Biden nudo con una prostituta, probabilmente drogato, che agita una pistola calibro 9, e col resoconto del primo rapporto interministeriale americano sul mercato domestico delle armi, triplicato negli ultimi 20 anni. I produttori Usa hanno venduto 139 milioni di armi, passando dai 3,9 milioni del 2000 agli 11,3 milioni del 2020. E sono state importati 71 milioni di armi da fuoco, accrescendo ulteriormente il quantitativo sparso internamente. Le aziende del settore sono cresciute da 2.222 a 16.963. Nonostante esplodano le vendite di “armi fantasma” fabbricate in casa, la preferenza degli americani rimane classica: dai fucili semi automatici come l’AR-15 (quello usato nell’ultima carneficina in Texas, di cui esiste anche un modello Junior, “lo stesso di papà e mamma”, a 389$ con ampia scelta di colori) alle imprescindibili pistole di 9 mm.

Come conciliare questi numeri con l’idea d’America cui siamo aggrappati? Abbiamo creduto a una favola di Frank Capra o non abbiamo capito nulla della loro libertà? Nel 2020 sono stati censiti negli Usa 19.350 omicidi, +35% rispetto al 2019, con un tasso ormai di 6,1 omicidi per 100 mila abitanti, come mai prima. Che l’America sia malata di violenza e stia soccombendo, sorprendentemente priva degli anticorpi democratici? Terribile: quale futuro aspetta i nostri Happy Days?

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