G ià su uno dei due nonni di Elly Schlein si potrebbe scrivere un trattato: ucraino, ma cresciuto a Leopoli, quando era polacca, e nato - nella stessa città - quando era parte dell’impero austro-ungarico. Non era affatto un miliardario ebreo, il nonno di Elly: emigrò per fare fortuna in America, dove il suo cognome “Schleyen” fu semplificato a Ellis Island in “Schlein”, dall’ufficio immigrazione. Prima fu sarto, poi gestì uno spaccio di alimentari. Morì presto.

L’altro nonno della Schlein, il senatore socialista Agostino Viviani, coccoló la nipotina a modo suo. Il giorno del suo ottavo compleanno le preannunció un “regalo straordinario”. La piccola Elly fu accompagnata trepidante nel suo studio di avvocato, a Milano, e lui le mise davanti una pila voluminosa: “Sono i quattro codici del diritto e la Costituzione italiana, tutti rilegati in pelle: sono gli strumenti che rendono libero ogni cittadino italiano”.

Elly Schlein giura che non si aspettava una bambola, e racconta che si commosse per l’emozione del vecchio nonno: quei libri la seguono da sempre. Si è laureata in giurisprudenza. Nonno Viviani morì l’anno dopo. Sta di fatto che adesso anche la sinistra ha un’altra narrazione, e tutta la politica italiana un‘altra protagonista che incuriosisce almeno quanto la sua rivale. A Giorgia, ragazza che passa dalla Garbatella a Palazzo Chigi, si aggiunge Elly, la bambina cresciuta a Lugano e trapiantata in Emilia Romagna. Quando Giorgia faceva la barman, Elly era aiuto regista. Pochi anni le separano, non potrebbero essere più diverse, ma una cosa le unisce.

S i considerano entrambe “underdog”, ovvero sottovalutate. “Io sono certa di vincere le primarie!”, mi ripeteva il 7 settembre del 2022 Elly, ed aveva perfettamente ragione. Io, invece, pensavo che esagerasse. Ma ricordo di aver sentito con le mie orecchie la Meloni festeggiare il suo 1.9% alle politiche del 2013, dicendo: “Sarà molto più difficile arrivare al 4% che al 30%”. Mi sembrava una immagine molto romantica, e invece adesso anche lei ci è arrivata davvero. Tutto questo per dire che la neo-segretaria del Pd e la presidente di Fratelli d’Italia non potrebbero essere più diverse, ma hanno qualche sorprendente tratto in comune: hanno vinto entrambe nel segno della radicalità mentre altri inseguivano il centro, sono entrambe a loro modo uniche, si trovano entrambe in luna di miele con i rispettivi elettorati, che le hanno fatte vincere, ma hanno entrambe dei grandi problemi nei rispettivi schieramenti che le zavorrano. Elly deve decidere se dopo aver vinto nel segno del rinnovamento deve ora cercare la moderazione, se insomma deve davvero decapitare i vecchi capogruppo del suo partito o votare contro l’invio delle armi (come aveva fatto lei stessa nel suo primo voto). Mentre Giorgia deve decidere se dopo aver scritto un decreto per cancellare i bonus edilizi, in meno di sette giorni può già correggerlo - come ha promesso il suo ministro Giancarlo Giorgetti - per reintrodurli dopo le proteste delle categorie “amiche” del centrodestra. Elly deve scegliere che ruolo dare al suo ex avversario Stefano Bonaccini, Giorgia deve scegliere quale peso assegnare al suo ex concorrente Matteo Salvini, sapendo che il brutto pasticciaccio di Cutro, con quindici bare bianche di bambini adagiate sulle spiagge della Calabria, è figlio delle vecchie campagne “di respingimento”. Elly deve capire come collocare i vecchi democristiani nel partito tutto opposizione-e-diritti che immagina. Giorgia deve capire come mantenere i vecchi berlusconiani post putiniani nel partito neo-conservatore e atlantista che immagina. E se è vero che sia Elly che Giorgia sono ancora in luna di miele, ci stanno come quelle coppiette di sposini che celebrano il loro viaggio di nozze felici, già sapendo che quando tornano a casa ci sono le bollette da pagare.

La Meloni si prende sulla ribalta internazionale le sue più grandi soddisfazioni, andando ad abbracciare Zelensky mentre tutto il mondo la studia incuriosita. Elly deve decidere se vuole guardare a Jeremy Corbyn o alla sinistra socialista europea che sta con l’Ucraina senza se e senza ma. Elly è nata nel suo “occupy Pd” contro Renzi. Giorgia è diventata grande in un suo personale “occupy Pdl”, emancipandosi da Berlusconi. Per ora entrambe le protagoniste sono avvincenti. Ma alla fine ne resterà una sola.

© Riproduzione riservata