S corrono i titoli di coda del 2022, usciamo da due anni intensi e accelerati, compressi e complessi. L’Italia dopo più di un decennio di soluzioni pasticciate, ribaltoni, esecutivi tecnici, ha un governo politico che nasce da un risultato chiaro del voto. A Palazzo Chigi è al timone per la prima volta nella storia una donna, Giorgia Meloni, fondatrice di un partito che ha preso il 26% dei voti il 25 settembre scorso e oggi nei sondaggi veleggia sopra il 30%.

Quella di Meloni è l’unica leadership forte riconosciuta dagli elettori, è nella fase “luna di miele”. L’opposizione d’altronde offre uno scenario che così non può essere l’alternativa: il Pd sta mostrando nella fase congressuale una grave crisi d’identità, l’anti-capitalismo di molti suoi esponenti ha tratti surreali, i riformisti sono visti con sospetto, va in piazza contro una legge di Bilancio che ha passato l’esame dei mercati e ottenuto il giudizio positivo dell’Europa, si è messo all’inseguimento del Movimento Cinque Stelle su posizioni che sono la negazione dell’impresa, dello sviluppo e del merito. In questo scenario, il governo Meloni ha la strada spianata per lungo tempo. Sul taccuino c’è la domanda: come sarà il 2023? Rispondere è operazione acrobatica, perché l’imprevisto è dietro l’angolo, faccio un po’ di storia in quattro atti.

P rimo atto, il Nuovo Millennio. Nel 2000 eravamo tutti concentrati sul “baco del millennio” e non accadde un bel niente, mentre i fatti importanti furono l’elezione di Vladimir Putin alla presidenza della Russia e l’arrivo di George W. Bush alla Casa Bianca. Queste due figure hanno curvato lo spazio della contemporaneità: Putin ha ricostruito l’influenza di Mosca negli affari internazionali, fino all’annessione della Crimea e alla guerra in Ucraina; il secondo dopo gli attentati jihadisti dell’11 settembre 2001 ha lanciato l’America nelle campagne militari in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003).Secondo atto, primavere e inverni. Nel 2011 fummo colti di sorpresa dalle primavere arabe. Cominciarono in Tunisia con la “rivoluzione dei gelsomini” che portò alla fuga di Ben Ali al potere da oltre 20 anni, uno a uno i regimi del Nord Africa caddero, in Egitto finì l’era di Hosni Mubarak. Francia e Gran Bretagna decisero di cogliere la palla al balzo per regolare i vecchi conti aperti con Muammar Gheddafi (egemonia nel Mediterraneo, petrolio, la strage di Lockerbie), e così la Nato fece decollare i bombardieri, Gheddafi cadde (e morì linciato in diretta), la Libia a distanza di 11 anni è ancora nel caos tribale.Terzo atto, è sempre America First. Nel 2016, la chiusura dell’era obamiana era vista come un passaggio di testimone da Barack a Hillary Clinton. Washington era pronta per Hillary, si ritrovò The Donald. La politica americana da quel momento è cambiata, piaccia o meno, Trump lascia un segno profondo, America First fa parte anche della politica di Biden (contestata alla Casa Bianca da Emmanuel Macron).Quarto atto, pandemia e guerra. Nei primi giorni del 2020 i missili Helfire americani uccisero all’aeroporto di Baghdad il generale iraniano Qassem Soleimani, il capo della Forza Quds, signore della guerra degli Ayatollah, lo stratega delle operazioni militari di Teheran, l’uomo considerato come un figlio da Ali Khamenei, leader spirituale iraniano. Sembrava alle porte un altro conflitto in Medio Oriente. Ma il destino ci riservava ben altro: l’arrivo dalla città cinese di Wuhan di un nemico invisibile, il nuovo coronavirus. Crisi sanitaria, lockdown, profondo rosso economico. Quando nel 2021 pensavamo di essere usciti dall’emergenza virus per godere di una fase di crescita economica, il ghost-writer della storia ha deciso di cambiare la trama e Vladimir Putin annuncia l’invasione dell’Ucraina. Torno alla domanda: che cosa accadrà nel 2023? In assenza di eventi eccezionali sarà ancora la crisi energetica a dominare la scena. In un mondo con pochi produttori e miliardi di consumatori (e con la Cina che allentando la politica Zero Covid avrà bisogno di più gas e petrolio per tornare a far correre la produzione), le monarchie dell’Oil & Gas del Medio Oriente sono una delle forze di cambiamento più grandi della contemporaneità. Questo inverno è solo il primo banco di prova e un intero continente di 446 milioni di persone non può vivere nella precarietà energetica. La missione del governo Meloni per il 2023 è questa: fare pr essioni per svegliare la bella addormentata di Bruxelles, alzare gli scudi per attutire i colpi della recessione in arrivo, guardare alla stabilità finanziaria e al rialzo dei tassi (traduzione: i mutui delle case degli italiani, i prestiti per famiglie e imprese), approntare le riforme di cui il Paese ha bisogno, parlando con tutti ma alla fine decidendo in autonomia, senza subire diktat e alla svelta.Pessimista? Tutt’altro, sono un realista. Quando vedete all’opera un moralista energetico chiedetevi dove sta andando e chi paga. Di solito pagano i poveri. Non dimentico mai le parole di Winston Churchill: “I socialisti sono come Cristoforo Colombo: partono senza sapere dove vanno. Quando arrivano non sanno dove sono. Tutto questo con i soldi degli altri”.

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