C ’è la storia di una bambina affettuosa che ama i genitori separati e vorrebbe che si amassero ancora. Perciò, quando va al market e passa dinnanzi al banco della frutta, sceglie una pesca per regalarla al proprio babbo a nome della mamma. Il babbo gradisce e assicura alla bambina che telefonerà alla mamma per ringraziarla del dono gentile. E c’è la storia di una bambina golosa, che al market fa la spesa con la mamma e si arresta dinnanzi allo scaffale dei dolci, rapita dalla varietà dell’offerta, e quando la mamma premurosa le chiede quale dolce desideri, non riesce a scegliere fra tanta opulenza.

R isponde che desidera tutto, e noi speriamo che non lo dica spinta da avidità o desiderio di accaparramento, ma per la difficoltà di scegliere all’interno di quella che si rivelerà una policromia di budini, o forse anche per la consolidata abitudine a vivere nell’abbondanza, lontano dalla penuria e dalla rinuncia.

Due storie, due quotidiane vicende entrambe specchio della realtà sociale e umana del nostro tempo, oggetto di differenti attenzioni da parte di esperti e comunicatori che ogni giorno commentano gli eventi del nostro vivere quotidiano, rivelandocene significati nascosti, a volte molto lontani dal comune sentire. Sulla prima storia campeggia il contributo dello psicanalista Massimo Recalcati, che per spiegare il senso recondito delle cose attinge alla mitologia della lontana Cina, nella quale la pesca era simbolo di permanenza e di durata, mentre per noi la domestica mela è, per colpa o merito di Paride e della Grecia antica, il frutto della discordia; chiara l’alternativa per la bambina che trepida per il ritorno della pace tra i genitori. Giuliano Ferrara, invece, preferisce non andare lontano, e chiama la pesca col nome antico e familiare di persica, il frutto succoso che maturava un tempo nell’orto di casa. La vicenda della bambina affettuosa commuove anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che, tra le critiche dell’opposizione, legge nella semplicità del racconto richiami a valori di più complesso orizzonte non estranei alle vicende politiche che affaticano e dividono il Paese. La piccola vive direttamente la realtà, ne assapora le amarezze e vi innesta la speranza, lei piccolo ingranaggio di un meccanismo complesso di cui ignora i contorni, ma le nega qualcosa di cui coglie il valore. L’adulto pensoso se ne accorge e le dedica un articolo su un grande giornale; alla fine si commuove, e allora prende lui in mano la pesca e la scaglia contro l’uno o l’altro dei genitori che non si amano più oppure contro entrambi. Non ho letto commenti sulla vicenda della bambina golosa, favola bella di un’Italia serena dove scorrono ancora i ruscelli e girano lente le ruote dei mulini bianchi. La bambina golosa non trova nessun esperto capace di collegare la sua vicenda ai problemi del mondo adulto. È ancora al di qua del bene e del male, e può consumare felice i suoi colorati budini.

Le due storie narrano di due iniziative volte al raggiungimento di determinati obiettivi sul piano commerciale. Ma coloro che le hanno commentate, e gli stessi spettatori, interessati o meno agli acquisti, colgono nel messaggio altri richiami, ora, nel primo caso, intenzionalmente proposti dal venditore, ma estranei all’obiettivo dichiarato, ora, come nel caso della bambina golosa, volutamente ignorati o censurati, in quanto estranei alla natura del negozio. E pare essere questa la scelta più corretta, che si guarda bene dall’inserire problematiche morali o sociali in un’offerta volutamente orientata alla vendita del prodotto. Ma è bene fermarsi qui, per tener lontane problematiche di altro genere, come quelle di natura pedagogi ca, che difficilmente accetterebbero come buona la storia della bambina golosa, piccola vittima innocente, ma ancora per poco, del consumismo imperante nel suo mondo fatato e indifferente che non vede la distanza che separa i sogni e i desideri dalla realtà.

Già dirigenmte del Miur

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