C ome sappiamo, uno dei problemi più avvertiti in Sardegna è quello della mancanza di una fiscalità differenziata. Quest’isola, pur avendo pochi abitanti ed un reddito pro capite tra i più bassi d’Italia, sconta infatti, grossomodo, la stessa pressione fiscale delle altre regioni italiane. Occorreva dunque, già da anni, mettere mano a questa annosa questione. Ma potremmo farlo ora: meglio tardi che mai. È vero, vi sono alcuni ostacoli da superare, tre in particolare: il dettato costituzionale, il divieto di aiuti di Stato e la copertura finanziaria.

G li articoli 3 e 53 della Costituzione prevedono infatti che ciascuno sia chiamato a sostenere le spese pubbliche con la propria capacità contributiva e secondo il criterio di progressività. Non si fanno distinzioni in base all’ubicazione dei contribuenti, cosicché chi produce, in qualunque angolo del Paese, è soggetto al medesimo prelievo fiscale, secondo il principio di uguaglianza. Occorre poi evitare che l’aiuto fiscale alle imprese possa creare distorsioni alla concorrenza e, in ultimo, trovare le risorse per compensare il ridotto gettito.

Ora, per superare i predetti ostacoli, un aiuto potrebbe darcelo la recente disciplina delle zone economiche speciali (ZES), la quale, in 27 km² di territorio sardo, consente già benefici fiscali per chi investe e per chi produce (con aiuti cosiddetti in de minimis). Ciò, in base al principio di ragionevolezza, tenuto conto del ritardo e delle prospettive di sviluppo di queste aree. Il perimetro della ZES non si estende oltre perché la disciplina prevede che esso sia proporzionato all’estensione della Regione e alla sua popolazione, così premiando le Regioni, nel Mezzogiorno, che hanno più abitanti.

Ebbene, oggi, come sappiamo, il nuovo principio di insularità, appena inserito in Costituzione (articolo 119), collide con queste norme laddove esse non tengono in alcun conto le isole ( proprio come la legge di bilancio) ed anzi sembrano penalizzarle, proprio perché in esse abita spesso poca gente. Perché allora non immaginare un correttivo che imponga, nelle isole, di estendere il perimetro ZES a tutto il territorio insulare? Questo darebbe loro una forte attrattività e ne verrebbero anche importanti semplificazioni amministrative. Certo, rimarrebbero escluse le aree residenziali (la ZES riguarda solo quelle produttive) alle quali potrebbero però rivolgersi ulteriori misure per agevolare non solo le imprese ma anche le famiglie (zona franca urbana?). Anche la zona franca doganale (altra incompiuta sarda) potrebbe essere ripensata e finalmente attuata in questo nuovo contesto.

Insomma, l’estensione della già esistente disciplina delle ZES (che già supera alcuni ostacoli sopra citati) potrebbe, se rifinanziata, innescare una rinascita sostenuta da una minore pressione fiscale (non dalle solite sovvenzioni che alimentano le clientele). E allora cosa aspettiamo?

Fermi tutti, dimenticavo che a breve ci sono le elezioni. Bisogna prima capire come posizionarsi e chi candidare. Meglio disporre di nuove sovvenzioni. Il resto può attendere.

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