L a censura – intesa come controllo morale e ideologico esercitato da apposite commissioni di specialisti – è stata sconfitta dalla democrazia del web: che, però, nella sua esorbitanza, ha finito per generare una forma di censura alternativa, molto più subdola ed efficace. È la censura additiva, resa possibile dalla frammentazione della concentrazione e dalla distrazione che un infinito accumulo di notizie genera, intasando la mente e complicando il processo di selezione responsabile per l’assegnazione delle priorità in base all’importanza degli eventi.

“A rriveremo a non capire più il vero dal falso perché tutto sarà sovrastato da un’immensa mole di cose uniformi e soffocanti” disse Umberto Eco che, fin da subito, aveva guardato con sospetto e con preoccupazione alla mole e alla qualità delle notizie reperibili in rete. Fu proprio lo scrittore piemontese a definire con disarmante esattezza i problemi legati alla mancanza di mediazione che nel web impera, alla sovrabbondanza delle informazioni e alla loro sempre minore veridicità: “Esistono due forme di censura – disse Eco - una per sottrazione e una per moltiplicazione o eccesso. Per impedire che qualcosa venga detta o ascoltata ci sono due vie: o impedire che venga detta, o creare rumore mentre viene detta, rendendola impercettibile.” Insomma: per impedire che un’informazione venga percepita come rilevante basta annegarla in un contesto di informazioni irrilevanti.

Siamo diventati naufraghi in un oceano di notizie, costretti a dipanare quotidianamente la sempre più ingarbugliata matassa di informazioni che ci travolge. La soglia della nostra concentrazione non è mai stata così bassa: viviamo assediati da continue notifiche, da un’immensità di relazioni online con individui che, spesso, nemmeno conosciamo personalmente. Ogni giorno riceviamo decine, se non centinaia di messaggi. A causa dei nostri telefonini siamo sempre all’erta: come i medici in reperibilità. A complicare una situazione tanto fittamente ingarbugliata si aggiunge l’agguato dell’inattendibilità di notizie date in cento modi diversi, spesso da individui che non sono affatto professionisti dell’informazione.

Prendiamo ad esempio l’epidemia da Covid-19. I vari stati del mondo si sono comportati in maniera diversissima fra loro: dal liberalismo esasperante della Svezia al minuzioso controllo di Italia e Austria che hanno decretato lunghi e sfinenti periodi di lockdown, introducendo l’obbligo vaccinale e mantenendolo anche quando quello stesso obbligo è stato dichiarato incostituzionale da altri stati dell’Ue.

In questi ultimi tre anni, a proposito del Covid, ho letto tutto e il contrario di tutto. Ho visto luminari e politici cambiare opinione come banderuole: ma non ho mai avuto una sensazione di chiarezza e di verità. È il trionfo dell’approssimazione, è la decadenza della cultura, cui Umberto Eco attribuiva l’importantissima abilità di buttar via ciò che non è utile o necessario.

Oggi, noi, questa abilità la stiamo perdendo: perché cercare la verità nel pantano dell’informazione multimediale ci ha trasformati in cercatori d’oro: costretti a setacciare fiumi di acqua fangosa, nella speranza di ritrovare qualche preziosa scaglia di verità nel nostro setaccio.

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