La beffa dell’eolico
S eguo con molto interesse le inchieste di Mauro Pili, puntuali e documentate, che L’Unione Sarda pubblica. Voglio soffermarmi su quanto scritto, nei giorni scorsi, sul progetto di realizzazione di un ulteriore parco eolico, offshore, nel mare che circonda la Sardegna, davanti a Capo Spartivento, che piazzerebbe 47 torri, alte quasi 300 metri.
L’attenzione per il mare sardo è, ormai, sotto i radar dei grandi fondi di investimento, che fiutano il grande business dell'energia rinnovabile prodotta dal vento.
M i chiedo – e mi piacerebbe se lo chiedessero anche la classe politica e il Consiglio Regionale – quale sia il motivo che spinge questi colossi finanziari a venire nel mare che bagna la costa sarda ad investire montagne di denaro in parchi eolici così impegnativi. Siamo un’isola poco popolata, colpita da un inarrestabile declino industriale, pertanto non ci sarebbe bisogno di tanta energia elettrica. Allora perché questo assalto?
Le risposte sono tante, ma mi limito a riflettere su alcune. Parto dal quadro conseguente al dibattito del tanto decantato cambiamento climatico e alla necessità assunta nei contesti internazionali, UE in testa, di procedere alla decarbonizzazione dei processi energetici e automotive. La Sardegna, in questo contesto, ha scatenato l’attenzione della grande finanza, che vi ha visto il potenziale di sviluppo del nuovo petrolio che è proprio il vento e il sole. La Sardegna vive da sempre di debolezze macroscopiche in tema infrastrutturali, compresa quella della distribuzione elettrica, sia quella in AT ( Alta Tensione), sia quella in MT (Media Tensione), tanto è vero che Terna aveva progettato la realizzazione di 40 nuove sottostazioni, proprio per un miglioramento della distribuzione necessaria per veicolare l’energia rinnovabile, avendo priorità nella sua distribuzione.
Che fine ha fatto questo progetto? Mi pare ormai uscito dal radar di Terna, perché ormai, esclusivamente concentrata sulla realizzazione del Tyrrhenian Link: il collegamento sottomarino tra la Sardegna e la Sicilia. Un progetto di svariati miliardi di euro di investimento per un cavidotto della lunghezza di 480 km che collegherà Terra Mala con l’approdo a Fiumetorto in Sicilia, per proseguire poi, per altri 490 km fino a Torre Tuscia a Battipaglia, in Campania. Tutto per trasportare l’energia rinnovabile che si produrrebbe in Sardegna, in Sicilia e poi nello stivale d’Italia.
Per facilitare gli impegnativi iter autorizzativi di questi progetti si decantano le meraviglie del più grande parco eolico offshore nel Mare del Nord di 47 MW, meno di un terzo di quello annunciato nel mare di Capo Spartivento. Ciò che non si dice è che l’offshore del Mare del Nord ha il ferro della torre piantato nel fondo marino, data la bassa profondità di quel mare, mentre quelli ipotizzati nel mare sardo, sarebbero galleggianti perché la profondità non consentirebbe altrimenti.
Ancora: ai produttori dell’eolico nel mare del Nord l’energia la pagano a poco meno di 50 euro a MWh. Alla luce dei fatti non sarebbe del tutto conveniente investire una montagna di soldi in un parco offshore nel Mediterraneo, in quanto il costo dell’investimento di un parco galleggiante sarebbe costosissimo. Una prima risposta alla corsa di questi grandi fondi per investire nel nostro mare, risiede nel cavidotto che Terna realizzerà per trasmettere le immense quantità di GW di eolico prodotte, nello stivale d’Italia. Alla Sardegna resteranno le gigantesche torri, poche centinaia di MW di batterie al litio, a Portovesme e ad Ottana già assegnate ad Enel, in sostituzione della Termocentrale del Sulcis. Così facendo non sarà possibile difendere alcuna residua attività produttiva, Portovesme Srl docet!
Resta il tema della necessità di far marginare i colossali investimenti necessari per la realizzazione dei parchi offshore, impossibile con le tariffe riconosciute a quelli del Mare del Nord. A questo ci aveva già pensato il governo Draghi e il suo ministero per la transizione ecologica, trasferendo molti di quei saperi nell’attuale Governo presieduto da Giorgia Meloni. E già si vocifera l’uscita di un Decreto per riconoscere ai signori del vento la cifra di 180 euro a MWh, pagati dalle imprese e dalle bollette delle famiglie italiane. Questo il destino che spetterà, in campo energetico, alla nostra isola. Davvero nessuno ha nulla da dire in merito?