P rima o poi ci dovremo pensare. Bisognerà fare un punto nave nella geografia degli affetti passati al frullatore dal virus e scoprire dove sono andati a finire i nostri anziani.

Ci sarà un tempo in cui l'inesorabilità delle regole figlie del pubblico interesse lascerà spazio a una riflessione: cos'è accaduto ai nostri nonni, genitori, zii, tate, al vicino di casa un po' zoppo, a tutti quelli che stavano oltre quel confine generazionale mai del tutto definito oltre il quale c'era solo paura e rischio? Al sacrosanto grido di “tuteliamoli”, abbiamo accettato, anzi fatto sì, che tra noi e loro si sollevasse un muro. Di astensione dall'amore, di divieto di carezze, di abbracci rimandati. Il senso è sempre stato nobile e giusto: ti voglio bene pertanto non verrò a farti visita, per preservarti ci vedremo in videochiamata (quando il sapere tecnologico lo ha consentito) anziché dal vivo. E quando loro, i nostri vecchi, erano in un ospizio o in ospedale o in una città diversa, questo altrove più o meno assistito è diventato la vera terra di nessuno. Fine dei contatti, stop.

È stato necessario affidarsi a coloro i quali avevano preso in gestione i nostri cari di riferimento, fossero amorevoli e impagabili infermieri o cagnacci senza cuore (con profondo rispetto per i quadrupedi), e fare un atto di fede: abbiatene cura.

N essun contatto, neanche uno sguardo fugace da lontano, com'è giusto e a norma. Quelle conversazioni stentate al telefono, i dolorosi silenzi di chi dall'altra parte aveva perso la fluidità del pensiero e si ritrovava in mare aperto senza alcun porto sicuro all'orizzonte, scaveranno per sempre dentro chi ha dovuto fare la scelta. Peggio del peggio, molti hanno scoperto che - quando il lockdown ha iniziato a scemare d'intensità e un qualche larvato incontro è parso possibile - oltre il cancello proibito non c'era più nessuno. Il virus aveva colonizzato proprio i luoghi protetti, i fortini che avrebbero dovuto essere inviolabili sono diventati un campo di battaglia. Quando i bastioni di protezione hanno invece funzionato, il nemico ha assunto la forma di un batterio contro il quale non era disponibile l'antibiotico: la solitudine nemica dell'età avanzata, che svapora soltanto quando c'è una faccia conosciuta a portata di sguardo. Mancando la possibilità di un tocco tenero, foss'anche solo con gli occhi, tanti di questi anziani di cui noi sardi siamo giustamente fieri hanno pensato bene di assentarsi. C'è una dose massima di dolore, anche di quello retoricamente giusto e inevitabile, oltre la quale è senz'altro lecito tirare i remi in barca e cercare serenità, chiudendo gli occhi ora e per il futuro.

Per tributare una qualche forma di onore, che è senz'altro la parola sbagliata ma vuol rendere lo spirito del nostro sentire, abbiamo deciso che fosse arrivato il momento di mandare in stampa una preziosa raccolta di parole e immagini che proprio ai vecchi era dedicata. “Le faremo sapere” è il titolo dell'iniziativa editoriale che L'Unione Sarda ha rivolto da tempo ai talenti della Sardegna su temi definiti. Un non-concorso, una chiamata alle arti di scrittori e disegnatori che hanno illustrato da par loro prima l'infanzia, il mondo dei più piccoli. Ne era scaturito un delizioso volumetto di racconti e disegni che ha rappresentato un soffio di aria fresca sulla vita dei più piccoli, venduto insieme al giornale lo scorso anno. Poi abbiamo pensato all'esatto opposto, ai trisavoli che ci guardano da foto ingiallite e all'anziana bisbetica del piano di sopra, oltre che com'è ovvio a mamme e babbi e parenti tutti.

Le opere grafiche e le prove di narrativa (le migliori sono state pubblicate sul giornale nei mesi scorsi) hanno pazientemente aspettato nella cartellina di Francesco Abate - capo del reparto Cultura e spettacoli, scrittore di fama e deus ex machina di questa iniziativa insieme a una giuria di lettori celebri - finché non è stato il momento di venire alla luce. Tutto era stato concepito e scritto quando non sapevamo ancora che un giorno le nostre vite sarebbero state travolte da uno tsunami chiamato Covid. Anche e soprattutto per questo, abbiamo deciso contemporaneamente di mandare in edicola nelle prossime settimane il libro dedicato agli anziani e di lanciare una nuova opportunità di riflessione.

Il tempo del virus è ora, è iniziato da qualche mese e non è detto che finisca come ci aspettiamo. La nostra normalità a gambe all'aria, le abitudini cancellate, il flusso delle azioni quotidiane che ha cambiato direzione in un sussulto. Sarebbe bello che la comunità dei sardi ci raccontasse le ore che abitiamo e con quanta capacità e dolore siamo riusciti a costruire le nostre personali modalità di sopravvivenza. Noi pubblicheremo i racconti più belli, come abbiamo sempre fatto, raccogliendoli alla fine in un volume. Come un appuntamento a cui speriamo di tener fede nei tempi che verranno. E' bello pensare che abitudini nuove rinascano anche così: da un percorso comune fatto di buone pratiche e di un amore verso lettura e scrittura che condividiamo.

LORENZO PAOLINI
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