C on l'arrivo dell'inverno, le vacanze si allontanano per molti, diventano quasi un ricordo e si attende la prossima stagione. È questa una percezione diffusa tra i turisti e anche le isole ne sono interessate. La concentrazione balneare nel periodo estivo ha infatti condizionato non solo ritmi e costumi della gente ma anche gli assetti economici e sociali di tante isole che in estate si destano, attraversate come sono da imponenti (spesso insostenibili) migrazioni turistiche, e in inverno cadono in letargo, affievolendo molte, se non tutte, le proprie funzioni vitali.

È una condizione, questa, nota anche alla Sardegna, che almeno in certa misura vive in funzione di una stagionalità fin troppo concentrata, con tutti i problemi che ne discendono. Esiste tuttavia un settore nel quale l'oscillazione stagionale si riduce assai e di cui le isole, specie la Sardegna, potrebbero ben di più avvalersi: quello delle crociere. Non si tratta, come una volta, di un'esperienza altolocata, costosa, riservata a pochi. Chi sale su una nave da crociera di ultima generazione oggi rimane sbalordito: 330 metri di lunghezza, 65 d’altezza, oltre 6000 passeggeri, 1.700 membri di equipaggio, 18 piani con dotazioni di ogni tipo, dalle piscine al bowling, ai teatri, cinema, campi sportivi vari. E i costi, specie fuori dallo stretto picco estivo, sono alla portata di molti. Non si tratta infatti di navi comuni ma di vere e proprie città galleggianti che navigano di notte e ormeggiano di giorno nei porti delle più ambite città di mare.

Nel 2022, Barcellona si è confermata prima meta, con quasi 2 milioni e mezzo di passeggeri movimentati. A seguire Civitavecchia, Marsiglia, Palma di Maiorca, Napoli e Genova. Tra i primi venti porti del Mediterraneo per volume passeggeri anche Palermo, La Spezia, Savona, Livorno, Trieste e Bari, tutti con incrementi di traffico di oltre il 100% rispetto all’anno precedente. E Kotor (Montenegro) che segna addirittura +4470%. C'è anche Ajaccio, con 390.000 passeggeri. Non c'è Cagliari. Non ci sono porti sardi. Eppure la nostra posizione è invidiabile: proprio al centro delle rotte tra la Spagna e la Sicilia o la Tunisia. Ma quella è l’unica tratta in cui le navi spesso viaggiano di giorno, passano accanto alla Sardegna ma non si fermano.

Qualcosa non va, si può fare molti di più. Il settore è in grande crescita. Nel 2019 l’Italia ha accolto 12,3 milioni di passeggeri. Poi il crollo con la pandemia. Poi il recupero. Nel 2022 siamo tornati a 9,3 milioni. Anche gli armatori stanno investendo nel settore. E tra il 2023 e il 2028 sono 62 le nuovi navi delle quali è previsto il varo, 11 delle quali (tra il 2025 e il 2026) con una capienza superiore ai 3.000 passeggeri. Nel 2019, una ricerca di Deloitte & Touche aveva stimato la spesa media per passeggero sceso a terra in 75 euro, con un ritorno economico sulla città di Savona di 125 milioni di euro.

Un’ultima notazione, non per importanza. Nonostante che alcuni importanti armatori che operano nel Mediterraneo siano italiani, la croceristica navale evidenzia alcune recenti peculiarità: le navi (molte delle quali in passato realizzate da Fincantieri) vengono sovente realizzate in altri Paesi. Spesso battono una bandiera non italiana (maltese, panamense..ecc) e la stragrande maggioranza dei membri dell’equipaggio non è italiana. Anzi, si riscontra una sorprendente, massiccia presenza di indiani, filippini, brasiliani. Il perché di tutto questo andrebbe chiesto agli operatori di mercato, anche per comprendere come mai, anche in questo settore, fare impresa in Italia sia così difficile. Una cosa è certa: le bellezze italiane sono il vero e p iù potente motore di questo imponente traffico, quantomeno nel Mediterraneo occidentale. Ma gran parte delle ricadute socioeconomiche sembrano andare da tutt’altra parte.

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