S econdo gli storici tradizionali post-risorgimentalisti, la Nazione italiana esisteva, come idem sentire, prima del 1861, e la ricercano nel tempo per giustificare la nascita dello Stato italiano come risultato di una coiné – più che altro peninsulare – che inizierebbe addirittura dal Paleolitico. Ed in quest’ottica spacciano, ad esempio, Alboino, Gregorio Magno, Federico II, Dante Alighieri, Cristoforo Colombo, per italiani in senso moderno. Invece, per dire, Cristoforo Colombo era in realtà un cittadino della Repubblica di Genova.

E Colombo, se incontrava un cittadino della Repubblica di Pisa o di Venezia non lo sentiva “italiano” ma straniero, come un tedesco o un francese, e, se era il caso, lo combatteva. Così era per Dante Alighieri, per Federico II, eccetera.

Noi, diversamente, pensiamo che si possa incominciare a parlare di Nazione italiana solo dopo il 17 marzo 1861, quando il Regno di Sardegna s’annetté quasi tutti gli Stati peninsulari, i quali scomparvero così come soggetti giuridici, ma permasero e permangono con le proprie fisionomie nazionali ancora visibili come etnie all’interno di una Nazione italiana che ancora oggi si tenta di formare («fatta l’Italia, facciamo gli Italiani!») tramite l’istituzione di scuole comuni, l’impiego di mass media comuni (stampa, cinema, radio, televisione), e, soprattutto, tramite un insegnamento della storia patria altamente criticabile perché è falso: far passare la Storia dell’Italia (penisola) per Storia d’Italia (Stato).

Prima del Risorgimento la Nazione italiana non esisteva. Non esisteva un “idem sentire” di storia, di tradizioni, di cultura e perfino di parlata che univa il siciliano al lombardo, il laziale al veneziano, il romagnolo al toscano, il pugliese al ligure, eccetera. Si doveva costruirne una, anche a costo di alterare la storia. E l’esigenza – malgrado la scuola, la televisione, i giornali, la cinematografia, ecc… – è ancora attuale, e sarà difficile soddisfarla con l’apporto continuo di immigrati di nazionalità diversa.

La Nazione, non è un concetto politico o storico-sociale come lo Stato, ma culturale, in quanto è formata da uno o più popoli aventi in comune storia, lingua, folklore, tradizioni, letteratura, arte, religione, ecc. Dei sei Stati peninsulari conquistati, il Regno di Sardegna – col nome cambiato (senza alcuna delibera parlamentare) in Regno d’Italia – non assunse nel 1861 niente dei rispettivi ordinamenti statali: né le leggi, né le strutture civili e militari, né la governance, né la monetazione e la filatelia, né l’organizzazione postale; niente. Lo Stato, ora detto italiano, fece e fa proprie, invece, tutte le espressioni nazionali degli Stati preunitari da esso annessi: le vicende storiche, i personaggi illustri, l’architettura, l’arte, la scienza, i costumi e i modi di vita delle popolazioni di ciascuna entità statale inglobata.

Sicché, adesso, lo ribadisco, spaccia come italiani della Repubblica Italiana, per esempio, Dante Alighieri o Michelangelo o Leonardo da Vinci o Galileo Galilei cittadini della Repubblica di Firenze, poi Granducato di Toscana; Cristoforo Colombo nato nella Repubblica di Genova; Alessandro Volta o Giuseppe Verdi, sudditi del Regno Lombardo-Veneto; Giacomo Rossini proveniente dallo Stato Pontificio…, e cento altri: scrittori, pittori, musicisti, scienziati, architetti, ecc. Un incredibile falso storico il quale, malgrado tutto, rende l’Italia odierna famosa ed apprezzata nel mondo.

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