L ’idea proposta giorni fa dalla Ministra della Famiglia Eugenia Roccella di vietare l’accesso dei minori ai siti porno – dopo i tragici fatti di Caivano e Palermo - non è la strada migliore. Se ne è discusso a Roma in un recente incontro dell’esponente del Governo con il Comitato nazionale media e minori. Oggi esistono infatti sistemi tecnologici molto avanzati, nella disponibilità dei più giovani, capaci di aggirare qualunque divieto. Succede ancora per le partite di calcio criptate ed è già successo anche per ChatGPT.

N el periodo in cui in Italia è stato vietato l’accesso al sistema di Intelligenza artificiale è stato sufficiente un sistema chiamato VPN per saltare l’ostacolo. Poco tempo fa in Louisiana è stato introdotto un sistema simile a quello pensato dai tecnici della Ministra: un’indagine statistica ha facilmente dimostrato che i ragazzini si spostavano su altri siti alla ricerca dei contenuti porno. Resta poi il fatto – difficilmente contestabile – che se il Governo “chiudesse” un sito, ne verrebbero attivati altri cento, come accade ogni giorno.

Ci sono poi le piattaforme social di instant messaging, come Whatsapp e Telegram, estremamente difficili da bloccare per via della differente legislazione nazionale a cui sono sottoposti. Resterebbe comunque il problema di fondo: la libertà e l’anonimato in rete sono beni giuridici da proteggere, come ha recentemente confermato anche il Garante per la privacy. Introdurre sistemi affidabili di verifica dell’età per accedere ad un sito fa sorridere i più giovani, spesso in possesso di competenze digitali fai da te.

Trovo lodevole e ragionevole il tentativo della Ministra, ma maggior fortuna avrebbe a rendere obbligatori i corsi di educazione civica digitale in tutte le scuole, obbligando anche i genitori a partecipare, magari nel pomeriggio. Si tratta di spiegare agli adulti come si usano le nuove tecnologie e il fatto che ormai viviamo on life, non più on line o off line. Sono gli adulti che hanno necessità di avere un’adeguata e completa educazione digitale impartita da professionisti, non da improvvisati relatori in cerca di gettoni di presenza.

Si può anche pensare di rendere obbligatorio il parental control per chi ha figli sotto una certa soglia di età: potrebbe trattarsi di una estensione della responsabilità genitoriale, accanto agli altri obblighi già previsti dal Codice civile. La legislazione attuale in materia di controllo dei contenuti delle tv a tutela dei minori è antiquata e inadeguata.

Infine, è arrivato il momento di abbattere il tabù dell’educazione sessuale a scuola, con buona pace di una parte del mondo cattolico (o presunto tale): il ragazzo che in rete ha un primo accesso al porno pensa che quella che vede (violenta e ancora una volta esclusivamente maschilista e patriarcale) sia la normale realtà del sesso, e dell’amore, perché nessuno glielo ha spiegato diversamente. Tenderà dunque a riprodurre nella realtà ciò che vede sul web. È poi necessaria un’opera di formazione massiccia sugli insegnanti, oggi in tanti casi impreparati sia sull’educazione digitale sia sull’educazione sessuale.

Per tutte queste misure il Governo potrebbe contare sulla rete dei Corecom, presidi presenti in ogni regione che in qualche caso hanno già sperimentato con successo iniziative come il patentino digitale nelle scuole per l’uso consapevole del web. I Corecom hanno di recente acquisito la delega di Agcom per l’alfabetizzazione digitale e la media education.

Certo, quello proposto è un percorso più lungo e dispendioso rispetto ai divieti che farebbero rumore sulla stampa, ma si trat ta di investimenti certamente più convenienti. Poi si può pensare anche al Daspo digitale per gli autori maggiorenni di certi reati: ma è un altro discorso.

Presidente Corecom Sardegna

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