“D imorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi”. È uno dei punti più forti della lettera al pagano Diogneto, scritta da un anonimo cristiano sul finire del secondo secolo dopo Cristo. È la spiegazione e insieme l’esaltazione delle parole di Gesù pronunciate nel Tempio di Gerusalemme a poche ore dalla sua morte in Croce: “Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”. Non c’è bisogno di scomodare esegeti o teologi per capire qual è il compito del cristiano nella società del proprio tempo.

È quello di immergersi negli affari del mondo e occuparsene fino in fondo. Affermare la propria presenza “da cristiani” e non “in quanto cristiani”.

In questo modo il cristianesimo si è sviluppato in Europa e ne ha modellato le istituzioni e i costumi. Molte leggi risentono della loro opera, al punto che si può dichiarare che le sue radici sono cristiane. Nel momento più triste della storia europea (la Seconda guerra mondiale), i cristiani hanno saputo dare il loro contributo, organizzandosi in partiti politici ed entrando in massa negli organismi di rappresentanza. Hanno segnato il percorso di ripristino della democrazia e di ricostruzione, su basi solidaristiche, della società. Poi il tracollo e il declino.

Da almeno 20 anni a questa parte, i cristiani si sono ritirati dalla politica, lasciando al clero il compito di trattare le cose terrene. Questo è avvenuto in tutta Europa, ma in Italia in forma più incisiva. È crollata e poi scomparsa la Democrazia Cristiana e i cristiani non sono stati più in grado di esprimere un progetto politico. Qualcuno sostiene che il modello consumistico ha reso del tutto improponibile il messaggio evangelico, qualcun altro che l’universalismo incarnatosi con il Concilio Vaticano II ha fatto perdere di mira l’Europa per spostare le attenzioni sul resto del mondo. In questo modo i cristiani d’Europa sarebbero divenuti minoranza silenziosa.

Quindi, non ci sarebbe spazio per un nuovo impegno organizzato dei cattolici-cristiani nella società italiana ed europea? A me sembra che, al contrario, sia forte l’esigenza di un ritorno all’impegno. La storia della Democrazia Cristiana e dei suoi rappresentanti rimane ancora oggi un grande esempio di militanza fondata sui valori di laicità e dedizione al bene comune. Le parole di Gesù nel Tempio non sono una presa di distanza dalla società, ma un invito a entrarvi senza creare confusione. Non per costruire una “società cristiana” ma per testimoniare, con coraggio e con gli strumenti della mediazione culturale, gli insegnamenti evangelici. Con la chiarezza che i tempi richiedono.

Non è sufficiente rispettare i precetti e i formalismi della religione per dirsi cristiani. Serve qualcosa di più. “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, poiché pagate la decima sulla menta, sull’aneto e sul cumino e poi trascurate i precetti più gravi della legge, come la giustizia, la pietà, la fede”, sempre Gesù qualche ora prima di morire.

È una necessità del Paese, soprattutto delle zone che maggiormente subiscono i contraccolpi della crisi economica e di quella sociale, come la Sardegna. La quale ha conosciuto le stagioni del riscatto attraverso l’impegno politico di molti cattolici, da Giorgio Asproni a Salvatore Mannironi, da Antonio Segni a Pietrino Soddu. Tutti hanno lasciato il segno. L’autonomia speciale sarda trova le sue radici nel lavoro di molti cattolici e nella loro capacità di dialogare con il resto del Paese. Forte è stato il lavoro in seno all’Assemblea costituente e alla Consulta regionale. La storia dei cattolici militanti, anche in Sardegna, insegna ch e i percorsi di crescita passano dal dialogo con la società e quindi con tutte le componenti presenti al suo interno.

In un momento di grave crisi della politica e di forte distacco tra questa e la società, soprattutto con il mondo giovanile, rimettersi gli scarponi dell’impegno attivo credo sia il modo migliore di “dimorare nella terra” con lo sguardo rivolto al Cielo. Per evitare che tutto venga misurato con i soli parametri del PIL e della finanza speculativa.

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