D al sondaggio realizzato dall’istituto di Nando Pagnoncelli risulta che i cittadini ripongono una scarsa fiducia nella magistratura italiana. Egli infatti scrive che «se negli anni ‘90 i giudici erano considerati eroi popolari e godevano del consenso di oltre nove cittadini su dieci, oggi solo uno su tre (32%) dichiara di avere fiducia nella magistratura. Si tratta del livello più basso di sempre». Questa scarsa considerazione dei magistrati ha toccato l’apice con il “caso Palamara”, nel quale l’unico colpevole sembra essere lo stesso ex presidente dell’Anm.

C ome se Palamara potesse aver fatto tutto da solo. È ovvio infatti che si trattava di un collaudato sistema per mediare tra le diverse “correnti” della magistratura, intessendo anche stretti rapporti con qualche partito politico al fine di assegnare gli incarichi direttivi agli amici e affossare i nemici. La vicenda si sta chiudendo senza fare chiarezza su tutti i responsabili e questa fumosa conclusione non può che far perdere credibilità all’intera magistratura, tanto che il legislatore, per correre ai ripari, ha pensato di riformare sia il Csm che l’ordinamento giudiziario.

Il testo della legge delega in discussione alla Camera è al centro non solo di vivaci contrapposizioni politiche, ma anche di una dura opposizione da parte della stessa magistratura che ha persino annunciato uno sciopero di protesta. In realtà si tratta di proposte, frutto di un compromesso, con modifiche limitate e parziali, e comunque sempre nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza del magistrato.

Relativamente alla formazione e composizione del Csm, portato a trenta componenti oltre i tre membri di diritto, resta infatti un sistema elettorale maggioritario con correttivo proporzionale e, anche se scompaiono le liste, è ovvio che le “correnti” avranno, come prima, il loro peso determinante. Per rafforzare la terzietà del giudice rispetto al pubblico ministero, si riduce, ma non si elimina, la possibilità, in carriera, di passare dalla funzione requirente a quella giudicante, in un unico ordinamento giudiziario che continua a prevedere un unico concorso, un’unica carriera e un unico Csm, lasciando così ancora il rappresentante della pubblica accusa collega del giudice.

Oggi la progressione in carriera del magistrato è pressoché automatica per anzianità perchè oltre il 99% delle valutazioni quadriennali dei magistrati è positivo, in danno dei più meritevoli. Perciò si propone una maggiore responsabilizzazione professionale del magistrato, attraverso giudizi di professionalità rigorosi e basati sui provvedimenti assunti, valutando “la tempestività nell’adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di significativa anomalia in relazione all’esito degli affari nelle successive fasi o gradi del procedimento e del giudizio”. Ma la proposta è considerata dai magistrati come una “schedatura”, mentre non è altro che l’indispensabile valutazione dell’attività svolta.

Poco si propone per eliminare l’attuale commistione tra l’”ordine” giudiziario e il potere esecutivo. Oggi circa 200 magistrati si spostano in ruoli amministrativi del Governo, soprattutto negli uffici legislativi dei ministeri, a scrivere le leggi che poi loro stessi dovranno applicare. Una simile anomalia, presente solo in Italia, preoccupa per la confusione tra magistratura e amministrazione. Con i decreti attuativi sarà solo ridotto il numero massimo di magistrati fuori ruolo.

Ma i cittadini sono più preoccupati per le attuali “porte girevoli” tra magistratura e politica, per cui qualche magistrato (pochi, in verità) si candida sotto la bandiera di un partito politico e, se viene eletto, poi torna a fare il magistrato o addirittura può svolgere insieme le due funzioni. Viene introdotto il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, sia per cariche elettive nazionali e locali, sia per gli incarichi di governo nazionali, regionali o locali. A fine mandato, i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive non possono più svolgere funzioni giurisdizionali, ma altri compiti. Chi si è candidato ma non è stato eletto per tre anni non potrà lavorare nella stessa regione.

In definitiva, si tratta di una riforma poco incisiva e quindi di per sé inidonea a restituire fiducia nella magistratura, ma nemmeno ad attentare alla sua indipendenza e autonomia. Ecco perché lo sciopero annunciato dai magistrati appare del tutto fuori luogo.

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