S ono più di dieci mesi che Mario Draghi insiste a livello europeo per fissare un tetto al prezzo del gas. Se all’inizio nei summit europei dominava lo scetticismo, ora la questione è presa sul serio da tutti i Paesi. L’ultima occasione che il nostro Premier ha per raggiungere il suo obiettivo è quella del prossimo Consiglio europeo del 20-21 ottobre, dopo il quale in Italia ci sarà l’avvicendamento col nuovo governo di Giorgia Meloni.

In vista del summit europeo, Draghi continuerà a muoversi d’accordo col presidente francese Macron per mettere in minoranza la posizione dei tedeschi e degli olandesi, che si oppongono ostinatamente a questa misura.

Nei giorni scorsi, il premier italiano ha spronato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ad abbandonare le cautele e a produrre un documento di sintesi. La Repubblica Ceca, cui spetta la presidenza di turno, a sua volta, ha chiesto ai ministri europei dell’energia di lavorare a oltranza finché non avranno trovato un’intesa. La Von der Leyen, infine, ha assicurato che la Commissione farà una proposta per la creazione di un «corridoio di prezzi equi con fornitori affidabili».

L o scopo è quello di porre un limite all’effetto che le variazioni del prezzo del gas esercitano sulla formazione del prezzo dell’elettricità. Una rotta che, come auspicato da Draghi, dovrà portare a un pacchetto di misure concrete.

Nella proposta che Draghi ha sviluppato col ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è previsto che il prezzo del gas diventi modulare, cioè che oscilli all’interno di una forchetta, con un valore minimo e uno massimo, anche questi mutevoli a seconda dell’andamento globale del mercato del gas. Ma, soprattutto, la proposta prevede una nuova piattaforma di contrattazione del metano che archivierebbe quella olandese, nota come Ttf.

Quest’ultima è ritenuta poco liquida, perché intermedia meno di due miliardi di valore al giorno, il che la rende molto sensibile alla speculazione sui prezzi, diventando così troppo dipendente dalle notizie sensibili. Al suo posto il governo italiano propone un nuovo indice calcolato sulla media quotidiana dei prezzi di tre listini chiave nel mercato internazionale delle materie prime: 1) l’Henry Hub americano, che ha prezzi storicamente inferiori a quelli del Ttf, anche perché gli Stati Uniti restano un grande produttore di gas naturale liquido (gnl); 2) il Jkm, parametro per il gnl trattato sul mercato asiatico; 3) il Brent, la borsa del petrolio di Londra storicamente condizionata dalle forniture norvegesi, che tratta circa duemila miliardi di titoli al giorno.

Il ministro Cingolani è ottimista: «Penso porteremo a casa la nostra ultima proposta di “dynamical price cap” basata sui migliori indici di mercato. Così si definisce una forchetta che, nei fatti, mette un tetto al prezzo del gas». In verità, il “corridoio dinamico” della mediazione italiana non corrisponde alla proposta iniziale di “price cap” lanciata da Draghi e Cingolani e condivisa di recente da 15 Paesi del Consiglio europeo. Il possibile punto d’arrivo sembrerebbe tuttavia essere un mix tra “tetto dinamico” e negoziato con i cosiddetti “fornitori affidabili” come Norvegia, Algeria e Qatar, ai quali i Paesi Ue pagherebbero il gas sulla base delle oscillazioni di mercato. Inoltre, nel pacchetto di misure europee potrebbero spuntare anche gli acquisti di gas a livello comunitario, come si è fatto con successo per l’acquisto dei vaccini.

Su questa proposta i 27 Paesi Ue sono tutti d’accordo, perché la contrattazione comune porterebbe a contenere il prezzo del gas. Il premier e Cingolani continueranno invece a ostacolare l’estensione della cosiddetta “eccezione spagnola”, ovvero un tetto amministrato al prezzo del gas che serve a produrre elettricità, oltre il quale sarebbe lo Stato italiano a pagare la differenza. Infine, resta poco condivisa anche la proposta dei commissari Gentiloni e Breton di costituire un fondo contro la speculazione, simile al fondo “Sure” utilizzato contro il Covid.

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