L a triste vicenda dell'avvocato sassarese Salvatore Manca, morto sabato scorso in circostanze drammatiche nell'ospedale di Olbia, solleva il velo sul gigantesco problema del funzionamento della sanità “ordinaria” in tempi di pandemia da Covid-19.

Salvatore “Cicino” Manca (tra l'altro fratello del consigliere regionale della Lega Ignazio) ha accusato un grave malore, trasportato al Pronto soccorso del Giovanni Paolo II di Olbia è morto, probabilmente per un aneurisma dissecante dell'aorta, mentre attendeva l'esito del tampone. Se ci siano stati ritardi o negligenze lo stabilirà l'inchiesta interna dell'Assl o, eventualmente, la magistratura.

In questa sede è importante focalizzare l'attenzione sul blocco della sanità sarda, inchiodata dalle ferree misure anti Covid. Il grido di dolore viene non solo dai pazienti affetti da gravi patologie, ma dagli stessi medici. «Covid o non Covid, quando c'è in gioco una vita si deve intervenire», dicono. Tempestivamente e con ogni mezzo. La sanità non può dunque fermarsi, perché i “danni collaterali” sarebbero devastanti. Già lo sono.

L'aneurisma dissecante dell'aorta è una delle cosiddette patologie “tempodipendenti”, che richiedono cioè un intervento immediato. Non c'è tampone che regga.

Non solo. In questi mesi di lockdown abbiamo assistito al progressivo rallentamento sino al blocco dell'attività ordinaria.

O rdinaria sino a un certo punto, perché è stata interrotta l'assistenza a diabetici, cardiopatici, nefropatici e altri pazienti cronici. Assistenza sospesa, visite impossibili, liste d'attesa che, già di per sé lunghe, sono diventate “mostruose” e, in alcuni casi, non sono state neanche riaperte. A Oristano, giusto per fare un esempio, impossibile fare una colonscopia, esame - per capirci - utile per individuare un eventuale tumore.

Finito il lockdown le strutture sarde, in ordine sparso, hanno cercato di ritornare alla normalità. Qualcuna c'è riuscita, altre no. In generale, però, il sistema sanitario sardo è rimasto semi paralizzato.

Il Covid-19 non ha messo sotto pressione solo le terapie intensive, ma ha anche mostrato i paurosi limiti di un'organizzazione demolita da anni di malapolitica. Puntualmente, ogni Giunta alternatasi alla guida della Regione ha pensato più ad accaparrarsi i posti di comando che a dotare l'Isola di un sistema efficiente. I governanti hanno abbozzato riforme sanitarie rimaste poi gran parte sulla carta. L'obiettivo era commissariare i posti direttivi (mettendo persone gradite all'esecutivo) più che riformare un settore che interessa tutti i cittadini, dal primo all'ultimo. Esplosa la pandemia, il castello di carte è crollato. E i danni sono gravi, in alcuni casi anche irreparabili.

Che fare? La politica sarda (maggioranza e opposizione) abbia uno scatto d'orgoglio e faccia di tutto per porre rimedio. Potrebbe iniziare già dalla prossima settimana, quando in Consiglio regionale riprenderà la discussione sull'ennesima riforma sanitaria. Le urgenze vanno trattate come tali, le visite per determinate malattie vanno fatte anche a pandemia in corso. Si rivedano i protocolli, ci si affidi a chi sta in prima linea negli ospedali, dove ci sono professionisti che hanno le idee chiare su che cosa fare. «Abbiamo sempre operato persone con l'epatite C o l'Hiv», dice un chirurgo, «non possiamo avere paura del coronavirus. Proteggiamoci con doppi guanti, visiere, mascherine, tute e facciamo il nostro dovere».

Papa Francesco proprio ieri ha detto che la pandemia ha accentuato le diseguaglianze. Difficile dare torto a questo grande Papa. C'è chi inutilmente tenta di prenotare una visita oncologica telefonando a un Cup che non risponde, e c'è chi, positivo al coronavirus, viene curato in un reparto ospedaliero no Covid. Come diceva il Marchese del Grillo? «Io so io e voi non siete un ...».

IVAN PAONE
© Riproduzione riservata