E ravamo fermi a un punto in tre partite. Un bel punto, peraltro, preso a Torino contro una squadra attrezzata ma – a tratti – messa anche sotto dai ragazzi di Ranieri. Il Cagliari, poi, si è fermato, magari colpa dell’impatto con il Nuovo Mondo, o perché il mercato era in fermento e fra nuovi e partenti l’identità era ancora da costruire. Contro l’Inter si è vista solo una squadra e non era quella rossoblù.

Poi a Bologna abbiamo capito tutti che in questa categoria devi mostrare i muscoli, i denti e magari qualcos’altro, se ce l’hai. Senza gli attaccanti titolari, con i nuovi gettati nella mischia “metti una maglietta e vai”, il Cagliari le ha prese ma per noi vale sempre il mantra della settimana passata: diamogli tempo.

Il campionato italiano, lo dicono i fatti, non è una roba impossibile. Un torneo dove gli stranieri sono la stragrande maggioranza (quasi il 70 per cento) rispetto agli italiani, esprime una nazionale che, ammettiamolo, a volte fa pena. Nel campo spelacchiato di Skopje abbiamo capito che abbiamo due come Barella e Tonali che valgono quanto il Titanic, ma non battiamo la Macedonia del Nord neanche se ci giochiamo altre dieci volte. E allora forza Cagliari, la Serie A sta aspettando che Ranieri individui le facce giuste per andare all’assalto della seconda metà della classifica. Nella prima, c’è una provinciale d’acciaio come il Lecce, l’unica fra le “piccole” a non aver ancora perso, per il resto sono tutte a portata di mano. Domenica arriva l’Udinese, che ha un solo punto in più e trenta-stranieri-trenta nella rosa. In questo campionato, con tutte le figurine rossoblù al loro posto, il Cagliari può ritagliarsi uno spazio. Nonostante qualche libecciata (cit.) e l’autostima che cala quando ti trovi davanti l’Inter. L’estate sta finendo, la Serie A è un film appassionante. Il Cagliari si scelga il posto.

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