U n piccolo lembo di spiaggia è già rispuntato. Tempo ancora qualche giorno o settimana e tutto tornerà fruibile per i turisti, anzi forse Cala Luna quest’anno sarà ancora più bella, ricca di acqua dolce, una perla che i vacanzieri in passato non hanno potuto vedere così come nei prossimi mesi. Certo “Cala Luna sparita” fa notizia, ma è un estemporaneo (e un po’ inutile) allarmismo che porta solo qualche sterile click sui social. Per il resto è natura. Senza dubbio è strano vedere l’acqua dolce che scende da Codula Elune e raggiunge la spiaggia che segna il confine tra i Comuni di Baunei e Dorgali.

S pesso accade che durante l’inverno, quando viene tolto anche il ponticello in legno che permette di guadare il fiume a ridosso dell’arenile, per oltrepassare il piccolo tratto d’acqua ci si debba togliere le scarpe, arrotolare i calzoni e mettere i piedi a mollo. Anche questo fa parte del fascino di questo tratto di “Sardegna selvaggia”. Una quindicina di anni fa, ad esempio, una frana ha creato una nuova spiaggia al termine della Codula di Mudaloru. Prima non esisteva. I detriti venuti giù con acqua e fango hanno “prodotto” una nuova perla della costa. Ammirarla e pensare che prima non esisteva fa riflettere su come la natura evolva, cambi, ma lo faccia seguendo il corso del tempo e le regole del Creato.

Quindi niente di nuovo sotto il sole del Golfo di Orosei. Chissà quante volte, nei secoli e nei millenni passati, la Codula Elune, così come le altre di questo bellissimo tratto di Supramonte, si sono riempite d’acqua trasportando verso il mare sedimenti vari che poi sono proprio quelli che servono per formare le bellissime spiagge del Golfo di Orosei. Il geografo Matteo Cara, nei giorni scorsi, lo ha spiegato sulla sua pagina Facebook, riproponendo un post addirittura del 2004. Succede ogni anno, magari non a maggio, ma il fenomeno è conosciuto ampiamente, anche se fa più notizia forse anche per la spettacolarità delle immagini.

Quello che non fa notizia, o almeno non abbastanza, sono i danni provocati invece dall’uomo su una natura che non riesce a rigenerarsi laddove il nostro intervento ha imbrigliato alberi, terra e fiumi. Per esempio, immolando gli spettacolari scenari di Cala Luna al dio denaro (sotto l’egida di una forma di turismo di cui vorremmo certamente fare a meno), pochi raccontano che ci sono tour operator che vendono i giri con le moto lungo i sentieri di Codula Elune a spregiudicati amanti dei rombi, i quali non si pongono troppi problemi nel calpestare violette e altre specie floreali endemiche che poi magari non ricrescono più. Vanno giù imperterriti per i vecchi sentieri dei “caprari alpinisti” del Supramonte, capaci peraltro di preservare quell’ambiente fino ai nostri giorni. I motociclisti fanno saltare pietre di calcare, tagliano rami di ginepri millenari e inquinano zone dove fino a qualche decennio fa passavano solo i muli. Poi magari si indignano perché Cala Luna per due settimane è coperta dall’acqua piovuta giù dal cielo come sempre accade ogni anno. O ancora protestano perché in qualche paese sono stati tombati dei canali dove passavano torrenti che attraversavano il centro abitato. Atteggiamento nobile, ma prima serve un esame di coscienza. Tutti noi quotidianamente adottiamo comportamenti sbagliati, che incidono sulla natura e sulla sua conservazione. Prima di indignarci per le foto delle spiagge del Golfo di Orosei, pensiamo che ci sono strade che non dovevano essere costruite, ponti che non dovevano essere realizzati e zone che invece dovevano essere tutelate. E quando il fiume si riprende il suo spazio all’interno di una città, forse è giusto ripensare alla programmazione urbanisti ca e non preoccuparsi per un fenomeno naturale che ritorna ogni anno portandosi dietro tanti click su Instagram. È solo scena: la natura è spettacolo e lascia sbalorditi, ma il suo corso non si può dominare. Va solo rispettata.

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