A ccanto all’Agenda Italia (cosa sia bene fare per il futuro del Paese) che il 25 settembre i partiti in lizza proporranno ai loro elettori sardi, ci dovrebbe essere anche, come annex, un’Agendina Sardegna. Perché accanto all’indicazione delle grandi scelte nazionali, che so, fra un atlantismo ortodosso e quello un po’ strabico occhieggiante verso Est, o fra una flat tax ed una tassa progressiva, ci sia anche uno spazio regionale per conoscere, ad esempio, come schierarsi fra una difesa della specialità autonomistica e una sua evoluzione in chiave federalista, di fronte alle pericolose autonomie differenziate volute dai governatori padani, o, ancora, sul come si intenderebbe realizzare la transizione e l’autonomia energetica nell’isola.

Queste indicazioni paiono necessarie perché si vorrebbe che il voto non si limitasse a scegliere fra nomi e cognomi, ma fra idee e proposte. Purtroppo, da troppo tempo, sembra che le scelte politiche non siano più, che so, fra più stato o più privato, o fra le teorie economiche di Keynes e quelle, opposte, di Friedman, ma solo fra Tizio presidente e Caio leader. Una personalizzazione così diffusa e spettacolarizzata che ha portato spesso a votare, come si suole dire, “una faccia” più che una proposta o un’idea. Un’evoluzione tutta all’indietro, per cui, nell’ultimo quarto di secolo, si è dovuto registrare un decadimento progressivo dei partiti cosiddetti ideologici a favore di forme organizzative del consenso elettorale costruite quasi esclusivamente sul carisma mediatico del capo e sull’utilizzo di una retorica persuasiva, mirante esclusivamente a captare le sensibilità emozionali dell’elettorato.

L a principale conseguenza di questi andamenti la si ritrova nel degrado delle qualità democratiche, nella debolezza delle rappresentanze politiche e, ancora, nell’affermazione di un populismo sterile e troppo spesso incapace e inetto. La stessa scelta delle candidature ha così risentito di queste défaillances selettive, con l’invio al Parlamento di troppi carneadi. La conferma di questo lo si può cogliere – citiamo a sostegno il caso sardo relativo all’esito elettorale del 2018 – dall’inutilità di una rappresentanza parlamentare che, pur resa numerosa per il 42% dei consensi ricevuti, è risultata poi politicamente sterile, impreparata ad assolvere, anche perché sfaldatasi rapidamente, il compito di tutelare interessi e attese del popolo sardo.

È difficile capire se quella lezione sia stata, o meno, recepita dagli attuali organizzatori delle candidature, anche perché più che di programmi o di scelte, si continua a discutere solo di nomi. Quasi che debba essere solo questo l’amo adatto, con la “trimuliggia” giusta, per adescare e pescare più voti. Ecco perché il richiamo all’Agendina Sardegna appare importante. Per questo si vorrebbe sapere, riprendendo gli esempi citati, cosa pensano le coalizioni in campo su temi oggi vitali per noi, sul come meglio si possa potenziare, con l’insularità in Costituzione, l’attuale ordinamento autonomistico; o come effettuare la riconversione energetica in chiave green, liberandola dai veleni inquinanti del Co2, senza fare dell’isola, e dei suoi orizzonti, una fitta selva di pale rotanti a vantaggio di terzi.

D’altra parte, in quell’agendina ci potrebbero essere spazi per numerosi altri temi, a iniziare dai trasporti interni (dove siamo l’ultima ruota del carro ferroviario statale), a quelli esterni, dove lo Stato si è distinto per i suoi continui e dolorosi disimpegni (dai traghetti ferroviari scomparsi alla farsa della privatizzazione della Tirrenia). Anche perché in questi ultimi trent’anni la Sardegna avrebbe ricevuto dallo Stato, proporzionalmente, appena la metà di quanto destinato, ad esempio, al Veneto o al Piemonte.

Ora, quanto qui argomentato ha il solo scopo di indicare che non basta chiedere voti per Cappellacci o per Soru o per Licheri: da elettore si vorrebbe sapere cosa comporterebbe e dove ci porterebbe quel voto. Perché ci s’attende, dopo le delusioni passate, che ritorni il tempo della buona Politica, quella con la sua bella maiuscola e con una ricca sporta di valide idee per riuscire a tirar fuori il Paese e quest’isola dalle difficoltà in cui oggi si trovano. Perché il 25 settembre si vorrebbe poter dare il proprio voto, non al solo nome di un candidato, ma a chi ha con sé un valido programma di iniziative capaci di riportarci ad un tempo migliore, fatto di minori diseguaglianze, maggior benessere e più diffuso progresso.

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