Un'azienda italiana, secondo quanto riporta il Washington Post, risulterebbe tra quelle coinvolte nel potenziamento dell'arsenale cibernetico dell'Arabia Saudita, in particolare di Mohammed bin Salman, il principe ereditario.

Non si tratta di mezzi usati solo contro i terroristi ma anche contro i dissidenti, tra i quali rientrava Jamal Khashoggi, il giornalista ucciso a Istanbul da agenti di Riad.

Secondo la ricostruzione effettuata da David Ignatius, l'autore dell'articolo comparso sul quotidiano in cui scriveva anche la vittima, insieme alle aziende coinvolte nel caso c'è la Hacking team, di Milano, che ha ideato un software in grado di spiare a distanza le informazioni presenti su computer e smartphone.

Ma le prove sul Washington Post non ci sono, almeno non sul fatto che la società italiana abbia fornito al governo saudita il modo per controllare Khashoggi. Però, scrive Ignatius, alcuni elementi fanno ritenere l'ipotesi altamente probabile.

Per esempio il fatto che secondo il columnist il 20 per cento delle azioni dell'azienda milanese con sede a Cipro apparterrebbe ai sauditi. In questo caso per loro sarebbe stato facile aggirare il divieto del ministero degli Esteri di vendere prodotti ad altri Paesi senza autorizzazione.

(Unioneonline/s.s.)
© Riproduzione riservata