Era sfuggita all’attacco terroristico della Manchester Arena la sera del 22 maggio 2017, all’uscita dal concerto della popstar Ariana Grande.

Ma l’incubo di quel boato, dell’eplosione con cui il kamikaze di origine libica Salman Abedi fece strage di ragazzi, l’ha perseguitata per quattro lunghi anni. Non ha mai cessato di turbare la sua mente e i suoi sonni.

Così è morta: Eva Aston è stata trovata priva di vita il mese scorso nel proprio letto a 20 anni appena compiuti nella sua casa di Finchfield, nei pressi di Wolverhampton.

Motivi che fino ad oggi erano sconosciuti, ma i genitori ne hanno parlato in un’intervista al Birmingham Mail ripresa dal Guardian online: si è trattato di autolesionismo, la ragazza non si era mai ripresa dai postumi di quella terribile esperienza. Una sindrome post-traumatica causa di una profonda depressione.

Eva “era un'anima bella, una ragazza generosa e innamorata della musica”. Dopo quell’esperienza “aveva il cuore a pezzi, sentiva forti rumori nella sua testa, è come se fosse rimasta dentro un brutto sogno”, è il ricordo della mamma Amanda.

Sullo sfondo, un’inchiesta dei media d’Oltremanica che hanno rilanciato le critiche sulle lacune del dispositivo di sicurezza all’interno dell’Arena. Ma anche e soprattutto sull’attività di polizia e sui servizi di intelligence, che non sono riusciti a prevenire la minaccia di Abedi: figlio di oppositori libici anti-Gheddafi cui il Regno Unito aveva a suo tempo dato asilo, si era avvicinato sotto gli occhi di tutti ad ambienti jihadisti ispirati dall'Isis.

(Unioneonline/L)

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