La fuga di Machado a Oslo, la regia di Cia e servizi deviati
La “libertadora”, come la chiamano i suoi supporter, si è messa una parrucca e scortata da due uomini ha lasciato il suo nascondiglio a Caracas«Jackpot. Jackpot. Jackpot». È così che Bryan Stern, martedì mattina, ha segnalato al suo team della Grey Bull, composto da ex militari delle forze speciali e 007, la riuscita dell'operazione Golden Dynamite. Il veterano di guerra, incaricato dall'amministrazione Trump di esfiltrare il capo dell'opposizione venezuelana, Maria Corina Machado, ha tirato un sospiro di sollievo. Nelle tre ore precedenti, l'esponente politica sudamericana e un piccolo equipaggio avevano vagato alla deriva su una barca da pesca, dopo che il gps era caduto in mare a causa delle onde alte tre metri. Il backup non aveva funzionato.
E la nemica giurata del dittatore bolivariano, Nicolas Maduro, decisa a raggiungere Oslo, per ricevere il Premio Nobel per la pace, non si era presentata al punto di incontro concordato, dando così il via a ricerche frenetiche. In un video di prova in vita, inviato alle autorità statunitensi e condiviso con il Wall Street Journal, si vede la donna che cerca di mantenere l'equilibrio mentre viene sballottata dalle onde. «Mi chiamo María Corina Machado», dice la figura avvolta dal buio, «sono viva, al sicuro e molto grata».
Secondo i dettagli forniti da Stern, oltre a messaggi, video e foto della missione visionati da Wsj, il viaggio durato tre giorni, ha impegnato una quarantina di persone, coinvolgendo anche la Cia e i servizi deviati, e ha rischiato di fallire almeno una volta. Stando alle ricostruzioni, martedì mattina la 'libertadora' come la chiamano i suoi supporter, si è messa una parrucca e scortata da due uomini ha lasciato il suo nascondiglio a Caracas, dirigendosi in auto verso il nord del Paese, dando il via ad una fuga rocambolesca degna di una spy-story di le Carré. Dopo aver superato una decina di posti di blocco, in un Venezuela attanagliato dalla morsa autoritaria del governo e sotto pressione per l'escalation con Washington che da settembre ha dispiegato le sua navi al largo della costa - Machado ha affrontato il momento più difficile del suo viaggio mentre si trovava perduta in mezzo al mare.
«Ho avuto paura» ha ammesso. Ma «non si è mai persa d'animo», ha fatto sapere Stern che dopo il soccorso l'ha accolta con uno snack, Gatorade e un maglione asciutto. Accompagnata dagli agenti della Grey Bull, Machado ha raggiunto l'isola caraibica di Curaçao, per salire su un jet privato fino a Miami, e poi ancora in volo verso la Norvegia, con uno scalo a Bangkok. Non è riuscita però ad arrivare in tempo per ricevere personalmente l'onorificenza, come avrebbe voluto. A ritirarla per lei è stata la figlia Ana Corina Sosa.
La corsa contro il tempo della leader è terminata la notte tra mercoledì e giovedì, quando nel buio gelido dell'inverno nord-europeo, alle 2.30 del mattino, si è affacciata da un balcone del Grand Hotel di Oslo, dove un centinaio di persone - tra questi politici venezuelani in esilio radicati in Spagna, come Leopoldo López, Lilian Tintori e Antonio Ledezma - l'ha accolta con un'ovazione, cantando l'inno nazionale. «Il nostro Paese tornerà a respirare», ha assicurato Machado, intenzionata a far ritorno a Caracas per accompagnare da vicino la transizione verso la democrazia. Forse non senza prima passare da Washington, dove si continua a lavorare ad un piano.
(Unioneonline)