Messa alle strette dalle sempre più pressanti richieste di chiarimenti della comunità internazionale, e minacciata di sanzioni dal suo maggiore alleato in Occidente, gli Usa, Riad alla fine ha ammesso: il giornalista saudita Jamal Khashoggi è stato ucciso nel consolato saudita di Istanbul.

Resta il mistero sulla dinamica della morte, e sul luogo in cui è finito il corpo. Non era un omicidio pianificato, chiariscono i sauditi, secondo cui Khashoggi è stato ucciso in una colluttazione.

Il "New York Times" ipotizza che sia stato strangolato nel tentativo di fuggire ai killer.

Un alto ufficiale dei servizi segreti, il generale Ahmed al-Asiri, è stato rimosso dal suo incarico, e 18 persone sono state arrestate, mentre il re Salman fa sapere che sta lavorando a una proposta di riforma dell'intelligence.

Il cerchio intorno a Riad si stava stringendo: Trump aveva minacciato sanzioni e detto che entro lunedì avrebbe avuto tutte le informazioni sul caso. Mentre il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva spiegato: "Abbiamo alcune informazioni e prove, condivideremo con tutto il mondo i risultati dell'inchiesta".

Una manifestazione per il reporter (Ansa)
Una manifestazione per il reporter (Ansa)
Una manifestazione per il reporter (Ansa)

Intanto proseguono le ricerche del corpo. La polizia turca sta setacciando la Foresta di Belgrado, un bosco meta di escursionisti alla periferia europea di Istanbul.

La versione fornita da Riad tuttavia non convince gli oppositori interni, convinti che il reporter sia stato deliberatamente ucciso perché dissidente e critico nei confronti della famiglia reale.

Convince invece Donald Trump, che parla di "ipotesi più che credibile".

(Unioneonline/L)
© Riproduzione riservata