È arrivato ieri al Cairo il pubblico ministero Sergio Colaiocco. Lì, oggi, gli verranno consegnate, dalla Procura Generale egiziana, le immagini registrate dalla telecamera di sorveglianza della metropolitana, nella sera del 25 gennaio 2016: il giorno in cui Giulio Regeni venne sequestrato.

Da quelle immagini, ora, i nostri investigatori dovranno trovare un volto, un indizio utile che possa ricondurre al commando che avvicinò il ricercatore italiano alla fermata di Dokki per rapirlo, poi torturarlo e alla fine ucciderlo.

Il materiale recuperato è grosso complessivamente un gigabyte, tra fermi immagine (circa 10mila) e centinaia di sequenza video non più lunghe di una decina di secondi.

Le immagini sono state recuperate dal governo egiziano grazie all'aiuto di esperti russi, che hanno dovuto ricomporre i singoli byte in cui il programma di archiviazione della videosorveglianza li aveva suddivisi per memorizzarli.

Il server (e la sua memoria di più di 100 terabyte) era stato posto sotto sequestro il 3 marzo del 2016 ed è rimasto negli archivi delle istituzioni del Cairo per due anni.

Poi, due settimane fa, finalmente, è cominciato il lavoro dei tecnici egiziani e russi, coadiuvati dai nostri esperti dei carabinieri e della polizia.

In quel server, si spera, potrebbe esserci la prova del coinvolgimento degli apparati di sicurezza egiziani coinvolti nel sequestro di Regeni, che potrebbe così far luce su un caso che, al momento, ha più di un lato oscuro.

CASO REGENI, LA LITE TRA DI BATTISTA E CASINI:

(Unioneonline/DC)

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