«C'ero anche io in quella stanza, dopo lo sparo ho preso la pistola appoggiata sul tavolo e l'ho consegnata nella mani di mio papà». È la dichiarazione di Maverick Morello, dopo che è emerso che è lui la terza persona ad avere toccato la pistola che alla festa di Capodanno nel Biellese aveva sparato e ferito uno dei presenti.

Figlio di Pablito Morello, il caposcorta del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, Maverick Morello è una guardia giurata, che aveva iniziato lo scorso dicembre a Verbania Pallanza un corso per diventare agente penitenziario alla Scuola di formazione e aggiornamento del ministero della Giustizia. Le sue impronte completano il quadro con l'ultimo tassello mancante al rapporto del Ris sulle tracce di Dna rilevate sulla pistola del deputato Stefano Pozzolo, da cui nei locali della proloco di Rosazza quella notte era partito un colpo.

Il proiettile aveva ferito Luca Carta, 31 anni, genero proprio del caposcorta. Le altre due tracce erano di Pozzolo stesso, il proprietario della minipistola, e del caposcorta, che aveva sin da subito riferito di avere messo in sicurezza l'arma dopo l'incidente, spostandola su di un armadio. La festa era stata organizzata da Francesca Delmastro, sorella del sottosegretario, sindaca del paese, con famiglie e amici, ma anche scorta del fratello e parenti degli agenti al seguito.

«Ho preso l'arma dal tavolo perché così nessun altro si sarebbe fatto male. L'ho data a mio papà che l'ha sistemata su una mensola, mettendola in sicurezza» aggiunge adesso il figlio del caposcorta.

Riguardo alla scena dello sparo, il giovane ha precisato: «In quel momento non stavo guardando. Ho sentito, subito prima, dire la frase: 'Ma allora la pistola è vera?'. Dopo che è successo il fatto ho visto Pozzolo da solo. Era seduto, immobile» ha concluso Maverick Morello, che è stato sentito dopo la seconda chiamata in procura del padre Pablito. «Ho appoggiato sopra la mano e ho sentito un forte calore. Ho capito che era partito un colpo» aveva detto il caposcorta nel raccontare l'accaduto nell'immediato ai carabinieri che erano intervenuti mentre Luca Carta veniva portato in ospedale.

A mancare a questo punto sono le risposte di Pozzolo alle domande degli inquirenti, visto che a metà gennaio in procura a Biella si era avvalso della facoltà di non rispondere. La sua versione resta quindi affidata a quanto dichiarato ai carabinieri subito dopo lo sparo: «Non sono stato io».

Si attende inoltre l'esito degli esami della balistica, proprio per capire com'è partito il colpo e confrontare le varie versioni rese dai presenti alla festa.

(Unioneonline/v.l.)

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