"Quando ero prigioniera ero disperata perché, nonostante alcune distrazioni come studiare l'arabo, vivevo nella paura dell'incertezza del mio destino".

Silvia Romano, la volontaria milanese rapita in Kenya e liberata lo scorso maggio dopo un anno e mezzo, ha raccontato per la prima volta in un'intervista i mesi della prigionia e la sua conversione all'Islam.

"Più il tempo passava e più sentivo nel cuore che solo Lui poteva aiutarmi e mi stava mostrando come - ha detto al giornale online 'La Luce', di cui è direttore l'esponente della comunità islamica di Milano Davide Piccardo -. La fede ha diversi gradi e la mia si è sviluppata con il tempo. Sicuramente dopo aver accettato la fede islamica guardavo al mio destino con serenità nell'anima".

Ora che è tornata a Milano, ha raccontato, quando va in giro "sento gli occhi della gente addosso, non so se mi riconoscono o se mi guardano semplicemente per il velo. Ma non mi dà particolarmente fastidio. Sento la mia anima libera e protetta da Dio. Per me il mio velo è un simbolo di libertà".

"In metro o in autobus credo colpisca il fatto che sono italiana e vestita così - ha aggiunto -. Sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima".

(Unioneonline/D)
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