La Cassazione conferma la condanna a trent'anni di reclusione di Veronica Panarello per l'omicidio del figlio Loris Stival, rigettando il ricorso presentato dalla difesa.

Lo ha deciso la prima sezione penale presieduta da Adriano Iasillo, che ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputata, detenuta a Torino.

Nella sua requisitoria il pg Roberta Barberini ha chiesto di negare le circostanze attenutanti "per l'assenza di resipiscenza, per la sua condotta processuale, per la gravità del delitto e per l'occultamento del cadavere".

"Non c'è nesso - ha aggiunto il pg - tra i tratti istrionici e narcisistici della personalità di Veronica e il delitto del quale è accusata. La chiamata in correità del suocero è stato l'ennesimo tentativo di manipolazione messo in campo dalla donna".

Ancora: "Non è rilevante la tesi difensiva che il delitto sia stato commesso d'impeto, rilevante è piuttosto la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato".

I FATTI - Il 29 novembre 2014 Veronica Panarello denuncia la scomparsa del figlio Loris, otto anni. Racconta di averlo accompagnato a scuola la mattina e di non averlo più trovato all'uscita.

Ma nessuno ricorda di averlo visto entrare a scuola. I carabinieri danno il via alle ricerche, e il corpo del piccolo viene trovato poco prima di sera in fondo a un canalone nelle campagne del paese.

Nel frattempo i filmati delle telecamere di videosorveglianza del paese fanno emergere le prime incongruenze nel raccordo della Panarello, che la sera dell'8 dicembre viene portata in Questura e - dopo un interrogatorio durato oltre sei ore - arrestata. Il gip pochi giorni dopo convalida la custodia cautelare in carcere per la donna.

L'autopsia rivela che Loris è stato strangolato con delle fascette di plastica, Veronica continua a negare di averlo ucciso e - colpo di scena - a novembre 2015, un anno dopo la morte del bambino, stravolge la sua versione dei fatti.

LE MILLE VERSIONI DELLA PANARELLO - Loris, racconta la mamma, è morto in un tragico incidente mentre giocava con le fascette da elettricista. "Sono tornata a casa dopo aver lasciato il mio figlio più piccolo all'asilo e ho trovato Loris già morto: per paura di non essere creduta ho gettato il corpo nel canalone".

Passano tre mesi e, l'11 febbraio, arriva un'altra versione. Ai periti dell'ospedale psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto Veronica afferma: "È stato mio suocero, Andrea Stival, a uccidere Loris. Eravamo amanti, ma il bambino lo ha scoperto e lui l'ha ucciso strangolandolo con un cavo".

Andrea Stival viene indagato, atto dovuto, ma la sua posizione viene archiviata. Mentre per Veronica Panarello si apre un altro procedimento per calunnia, per cui il gip a maggio scorso ha disposto il processo, che prenderà il via il prossimo 26 novembre.

LE CONDANNE - Il 17 ottobre 2016 il gup di Ragusa condanna la Panarello a trent'anni di carcere per omicidio e occultamento di cadavere. Sentenza confermata il 5 luglio 2018 in Appello.

I giudici della Corte d'Assise d'Appello scrivono che Veronica Panarello ha agito "scientemente e lucidamente, senza esitazioni di sorta, per sopprimere quella giovanissima vita da lei generata, ma ha altresì dimostrato l'assenza di qualsivoglia forma di ravvedimento subito dopo la commissione dell'orribile crimine, omettendo di attivarsi in qualche modo per salvare il figlio che era ancora in agonia, chiamando i soccorsi o invocando l'aiuto di altre persone".

Ancora, si legge nelle motivazioni, la donna "si è adoperata senza alcuna pietas secondo il piano poco prima prestabilito per cercare di eliminare le tracce del delitto con l'occultamento del cadavere di Loris e addirittura simulando una violenza sessuale ai danni del bambino da parte di ignoti per depistare le indagini".

(Unioneonline/L)
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