Una tragedia che si è consumata nel gazebo di un bar di Fidene (Roma) in cui stamani circa trenta persone si erano riunite in assemblea per discutere del futuro del Consorzio Valle Verde, un complesso di villette in provincia di Rieti.

Claudio Campiti, 57 anni, «è entrato, ha chiuso la porta, ha detto solo ‘vi ammazzo’ e ha cominciato a sparare», ha raccontato la vicepresidente del consorzio Luciana Ciroba. «Ha mirato alle persone che erano al di là del tavolo, al cda della società».

Momenti di terrore interminabili, tre le vittime: Sabina Sperandio, Elisabetta Silenzi e Nicoletta Golisano, quest’ultima amica della premier Giorgia Meloni. Quattro i feriti, tra questi una donna di 50 anni colpita al cranio: è gravissima.

IL POST COMMOSSO DELLA PREMIER

«Non si può morire così», ha detto la Meloni, che ha dedicato un post alla sua amica Nicoletta: «Era una mamma protettiva, un’amica sincera e discreta, una donna forte e fragile allo stesso tempo, ma soprattutto una professionista con un senso del dovere fuori dal comune. È stato quel senso del dovere a portarla lì, di domenica mattina, dove un uomo la aspettava per ucciderla a colpi d'arma da fuoco, insieme ad altre due donne, durante una riunione di condominio a Roma. Nicoletta era mia amica. Lascia il marito Giovanni e uno splendido bambino di dieci anni, Lorenzo. Con la sua, altre famiglie, alle quali esprimo tutta la mia vicinanza, sono state distrutte. L'uomo che ha ucciso queste tre donne innocenti, e ha ferito altre tre persone, è stato fermato e spero la giustizia faccia quanto prima il suo corso. Il poligono dal quale aveva sottratto la pistola (il porto d'armi gli era stato rifiutato) è sotto sequestro. Eppure la parola giustizia non potrà mai essere accostata a questa vicenda. Perché non è giusto morire così. Nicoletta era felice, e bellissima, nel vestito rosso che aveva comprato per la festa del suo cinquantesimo compleanno, qualche settimana fa. Per me sarà sempre bella e felice così».

Il luogo della tragedia (Ansa)
Il luogo della tragedia (Ansa)
Il luogo della tragedia (Ansa)

LE TESTIMONIANZE

L’eroe di Fidene è Silvio Paganini, 67 anni. Come tanti altri, ha visto la morte negli occhi, ma nel momento in cui forse la glock semiautomatica impugnata dal killer si è inceppata ha trovato la forza e il coraggio per fermare la mattanza: «Aveva ucciso già tre persone, il prossimo sarei stato io. Mi sono lanciato su di lui per disperazione e sono riuscito a bloccarlo». 

«Aveva bloccato la porta e ci ho messo un po' per far uscire la gente - racconta un altro testimone oculare -. Se non fosse stato per noi sarebbe stata una strage, aveva 2 caricatori e altre cartucce. Ho visto una ragazza accanto a me che è stata colpita ed è morta».

Claudio Campiti (Ansa)
Claudio Campiti (Ansa)
Claudio Campiti (Ansa)

IL MOVENTE

Claudio Campiti, che è stato arrestato, ha agito pianificando tutti i dettagli. Voleva fare una strage, per questo ha rubato l’arma dal poligono (gli avevano rifiutato il porto d’armi).

Per anni ha covato rabbia nei confronti del Consorzio. In passato c'erano state delle minacce verbali, tutti lo conoscevano per la sua situazione ma nessuno avrebbe mai pensato che potesse arrivare a tanto.

Nel 2012 il figlio Romano, di soli 14 anni, è morto in un incidente di montagna in Alto Adige. Lui aveva dedicato gli anni successivi a seguire l'iter giudiziario, convinto che quella pista fosse troppo pericolosa per un ragazzino. Furono condannati un maestro di sci e due responsabili dell’impianto, la famiglia ottenne anche 240mila euro di risarcimento.

Ma lui non si dava pace, per il figlio e per quel Consorzio dove viveva in condizioni “al limite” e nei cui confronti aveva sviluppato una vera e propria paranoia, tanto da aprire un blog in cui lo definiva «un’associazione a delinquere».

Campiti «pretendeva – racconta il sindaco di Rocca Sinibalda Stefano Micheli – di rendere abitabile lo scantinato di un palazzo in costruzione di cui c’era solo lo scheletro. Non si poteva fare, ma lui ci viveva. Mancava anche l’allaccio alle fognature».

Le condizioni economiche non erano delle migliori. «Non so se avesse un lavoro o no – continua il sindaco –, gli era rimasta la proprietà di questo scantinato a cui era molto legato, credo per lui fosse l’unica cosa che aveva».

La sua ossessione era che gli fosse tolta da quel Consorzio perché lui non pagava le spese. I membri del Consorzio lo avevano denunciato più volte per minacce, l'estate scorsa se l’era presa anche con i bambini.

Campiti sosteneva di aver subito danni alla scatola dell’elettricità, alla cassetta della posta. Persino minacce di “schioppettate per chi non rispetta le regole del Consorzio”.

«Mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione, si sa, al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità», scriveva sui social. Ma alla fine il grilletto lo ha premuto lui, più di una volta.

(Unioneonline/L)

© Riproduzione riservata