Proseguono le indagini per fare luce sulla morte di Liliana Resinovich, la donna scomparsa di casa il 14 dicembre e il cui corpo è stato trovato il 5 gennaio scorso nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste,

Tutte le ipotesi restano in piedi, compresa quella del suicidio. In attesa che gli accertamenti vengano completati, la Procura ha disposto che il corpo della donna potrà essere sepolto ma non cremato. 

Questo perché, se dovesse essere necessario un approfondimento o ulteriori esami sul cadavere, la salma possa essere riesumata.

Dopo la Tac e l'autopsia, la pm titolare delle indagini, Maddalena Chergia, ha comunque concesso il nulla osta per consentire i funerali.

Si attende ancora il responso degli esami tossicologici, per i quali occorrerebbero molti giorni sul materiale organico prelevato dal corpo e quelli sugli oggetti trovati addosso, ai quali sta lavorando la Polizia Scientifica.

Una pista, infatti, ipotizza il suicidio, con la donna che potrebbe aver assunto qualche tipo di farmaco, per poi mettersi in testa uno dei sacchi di plastica dentro i quali il corpo è stato rinvenuto nel bosco.

Ma, come detto, anche le altre piste restano al vaglio degli investigatori.

Sulla stampa locale di Trieste è poi comparsa una lettera che il fratello della donna, Sergio Resinovich, avrebbe inviato attraverso i suoi avvocati Luigi Fadalti e Francesco Furlan del Foro di Treviso, al marito della vittima, Sebastiano Visintin, chiedendo che il corpo di Liliana venga appunto sepolto e non cremato, come evidentemente avrebbe preferito il coniuge. Visintin ha però smentito tale richiesta, spiegando che la moglie dovrà avere funerali “normali”, che dovrebbero svolgersi in forma privata nella chiesa di San Giovanni Decollato, il quartiere di Trieste dove la Resinovich abitava.

(Unioneonline/l.f.)

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