Questa storia "è pazzesca".

Così Attilio Fontana, in un'intervista a "La Stampa", ha definito l'inchiesta per frode su pubbliche forniture che lo ha coinvolto.

Il governatore della Lombardia è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura in merito alla fornitura da mezzo milione di euro di camici e altro materiale da parte della società Dama spa gestita dal cognato Andrea Dini e di cui la moglie, Roberta Dini, detiene il 10%. Indagati anche Andrea Dini e Filippo Bongiovanni, il dg dimissionario di Aria spa, la centrale acquisti regionale.

"Ma qual è il reato? Di solito le persone finiscono indagate perché prendono dei soldi illecitamente. Io invece rischio di passare alla storia come il primo politico che viene indagato perché i soldi ha cercato di versarli" ha affermato.

"Certo, quando è saltata fuori questa storia e ho visto che mio cognato faceva questa donazione, ho voluto partecipare anch' io. Fare anch'io una donazione. Mi sembrava il dovere di ogni lombardo" spiega.

Alla fine "la Regione da mio cognato i camici li ha avuti gratis (una parte, ndr) e l'unico reato che vedo veramente è una palese violazione del segreto istruttorio e per questo probabilmente mi rivolgerò ai magistrati di Brescia".

Nel conto del governatore all'estero "non c'è niente di illecito - ha sottolineato -, sono capitali denunciati e scudati, un eredità di mia madre. Non vedo di cosa dovrei vergognarmi".

Fontana ha ribadito che "della fornitura non sapevo niente. L'ho saputo solo quando mio cognato ha deciso di fare la donazione".

Per il governatore "ormai in questo Paese la democrazia per alcuni è stata sospesa. Anzi, non esiste più". Ogni democratico "dovrebbe indignarsi per quello che mi sta succedendo ma lo so, tanto è inutile, le regole ormai sono saltate".

(Unioneonline/F)
© Riproduzione riservata