Un gruppo di intellettuali e religiosi rivolge un appello al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, corredato da una raccolta firme, affinché venga espresso «un gesto di umanità e coraggio» nei confronti di Alfredo Cospito, condannato a 20 di carcere e ora al 41 bis al carcere sassarese di Bancali per aver promosso la Federazione anarchica informale (Fai) e per alcuni attentati. In sciopero della fame da 80 giorni, «è a un passo dalla morte», è l’allarme. Dall’inizio della protesta ha perso 35 chili e ha subito un allarmante calo di potassio, necessario per il funzionamento del cuore.

Le firme sono per ora una quarantina, ma la raccolta delle sottoscrizioni prosegue. E tanti sono i nomi di peso in calce al documento. Accanto al presidente emerito della Corte costituzionale e già ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick, ci sono Gherardo Colombo, magistrato di punta della procura di Milano all'epoca di Mani Pulite e oggi presidente della Garzanti Libri, il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, il presidente dell'Unione delle Camere penali Giandomenico Caiazza e tanti magistrati in pensione come l'ex Pg di Firenze Beniamino Deidda, Domenico Gallo, Nello Rossi, Livio Pepino, oggi presidente di Volere la Luna e direttore editoriale delle Edizioni Gruppo Abele, e Franco Ippolito, attualmente presidente della Fondazione Basso.

Tra gli intellettuali ci sono il filosofo Massimo Cacciari e l'attore musicista e scrittore Moni Ovadia. Mentre tra i religiosi, don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, e padre Alex Zanotelli, missionario comboniano.

Cospito, al tribunale di Sorveglianza di Roma che gli ha confermato il 41 bis, ha dichiarato che continuerà lo sciopero della fame «sino all’ultimo respiro».

«Una scelta esistenziale drammatica – scrivono i sottoscrittori dell’appello - che interpella le coscienze e le intelligenze di tutti», e che non può essere considerata un ricatto a meno di «tradire la nostra Costituzione che pone in cima ai valori, alla cui tutela è preposto lo Stato, la vita umana e la dignità della persona».

Oggi, concludono, «l'urgenza è quella di salvare una vita e di non rendersi corresponsabili, anche con il silenzio, di una morte evitabile».

(Unioneonline/s.s.)

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