Si intravvedono ovunque, nella terra dei Nuraghi. Arrampicati su muraglioni a segnare il confine dei fiumi e delle chiudende. Arrovellati sui ciglioni più scoscesi, sculture multiformi, con frutti incastonati come il sole e il vento hanno disposto, in lungo e in largo per i “serpeggianti” sentieri dell’Isola. Come spesso capita, come se tutto fosse scontato, ciò che è più feconda espressione della natura diventa consueta indifferenza, nonostante il ben di Dio che si affaccia agli occhi del viandante.

Pianta sacra

Eppure, in quest’Isola scolpita come un diamante da mille carati e immense sfaccettature, una diversa dall’altra, c’è chi ha capito il valore profondo di quella «pianta sacra»: il fico d’India. L’«oro verde», la «pianta del futuro», un frutto capace di ridisegnare lo scacchiere mondiale delle ricchezze, dalla resilienza dei terreni aridi, alle vitamine essenziali per contrastare la fame nel mondo, per arricchire le tavole più pregiate, per produrre farmaci più salubri ed efficaci. Ussana, quindici miglia dal capoluogo dell’Isola, quattromila anime incastonate tra il Monte Zara e Monte Agutzu, è da sempre terra agricola. Qui, però, da qualche anno, c’è chi con le acrobatiche evoluzioni aeree delle piante dei fichi d’India ha compiuto un vero e proprio “miracolo” della natura.

L’uomo che ci parla

Lui, Ettore Boi, settant’anni, pensionato effervescente, con la passione dell’agricoltura innovativa, con questo frutto miracoloso ci parla. Se non fosse la scienza a raccontare l’intelligenza delle piante, si potrebbe dire che qui, nelle campagna di Ussana, si ragiona con il “frutto sacro”. Del resto non potrebbe essere diversamente. Quando il cancello di questi tre ettari di “pale” e “fiori”, spine e frutti, si spalanca capisci che in questo lembo di verde perenne c’è qualcosa di affascinante che si sta compiendo. Le rocambolesche arrampicate sul cielo di queste piante del futuro sono costellate da frutti imponenti, dai cromatismi più esorbitanti, segno di piena maturazione alle soglie del Natale. Se lo sussurrano durante tutto l’anno, Ettore Boi e le sue 350 piante di cultivar locali gialle e rosse e con poche spine. In quel dialogo fatto di sintonia e intuito, di regole agronomiche e tecniche di “scozzolatura”, il primato di Ussana si compie d’inverno. Il frutto per eccellenza d’agosto nell’entroterra del Campidano di Cagliari matura per la seconda volta, in due cicli all’anno, sino a dicembre. È un “a tu per tu” con ogni singola pianta. Per interpretare il suo potenziale, ignorando la logica economica del tutto e subito. L’uomo che “sussurra” ai “fichi d’India” ha messo a punto una tecnica chirurgica, “pala” per “pala”, fiore per fiore. Rafforzando la proiezione delle “pale” più giovani, selezionando i germogli più promettenti per la stagione più fredda e avanzata. Una piantagione “sperimentale” posata sulla "Formazione di Ussana", un lembo di terra segnato da capriole geologiche che hanno fatto emergere conglomerati, brecce e arenarie argillose di colore rosso-violaceo. Non proprio un terreno ricco, se non fosse che i Fichi d’India non ne hanno bisogno.

Miracolo d’inverno

La tecnica “invernale” di Ettore Boi è totalmente diversa da quella applicata nell’altra Isola, nel suo eremo di Ussana centellina la sua regola: “scozzolatura”, selettiva e parziale, una potatura chirurgica e intelligente, non delegabile all’improvvisazione. Quando ne parla, racconta: «Amo questo frutto e queste piante, ogni volta che penso a tutto quel che possono offrirci mi rendo conto che è passione totalmente ricambiata». E quel che questa coltura può dare all’umanità non è un mistero: la Fao, la più grande organizzazione mondiale per l’alimentazione delle popolazioni povere, lo ha messo nero su bianco, traguardando una missione universale.

Per salvare l’umanità

Lo studio delle Nazioni Unite lo dice esplicitamente: «è il frutto che può salvare l’umanità». I motivi di questa scoperta così rilevante sono racchiusi in due elementi essenziali. Il primo: le qualità organolettiche di questo “oro verde” sono infinite, ricche e decisive per l’alimentazione umana, che si prestano alle ricerche più evolute in campo sanitario e alimentare. Il secondo: sono piante che possono rendere fertile ciò che è arido e abbandonato, tema determinante nel contrasto alla desertificazione che avanza ovunque, Sardegna compresa. Una pianta capace di resistere alla mancanza d’acqua, un frutto strapieno di vitamine, un modo per contrastare l’abbandono della terra. Con il “miracolo” di Ussana ora la pianta d’agosto si è trasformata nei fichi d’India d’inverno. Un frutto chiave per il futuro, traguardando cambiamenti climatici e contrastando il degrado delle terre. La lezione dell’uomo di Ussana che sussurra ai fichi d’India ora vale anche alla vigilia di Natale.

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