Il pm aveva chiesto una condanna a 9 anni e mezzo. Il collegio giudicante è andato oltre: 10 anni. È la pesante sentenza di primo grado emessa ieri dal Tribunale di Cagliari nei confronti di un 54enne di Carbonia accusato di aver abusato sessualmente della madre ora 80enne. Una donna descritta come vittima da tantissimo tempo in un contesto familiare violento. Ma quando ha trovato il coraggio di andare in Commissariato e poi in ospedale, è stata irremovibile: «Basta - ha detto al giudice mesi fa - non è possibile che un figlio faccia a una madre quello che ha fatto a me».

Le indagini

La vicenda era esplosa nell'inverno 2019 quando gli agenti del Commissariato di Carbonia avevano eseguito un ordine di carcerazione per un reato già di per sé aberrante, ma in questa circostanza ancor di più: agli arresti (ed è tuttora in custodia cautelare) era finito un uomo di 54 anni (assistito dall'avvocato Fabiano Pani) accusato di aver violentato l'anziana madre. Pochi giorni di accertamenti rapidissimi e puntuali per non permettere che trascorresse troppo tempo, poi le manette scattate quattro giorni dopo la denuncia che la pensionata aveva avuto il coraggio di fare la mattina dopo la violenza subita.

Il racconto delle donna

«Era andata da casa sua in Commissariato a piedi - rivela la sua legale di parte civile, Annarella Gioi - ferita e provata: poche ore dopo aveva confermato tutto anche ai medici rimasti traumatizzati dinanzi a quella vicenda e al riscontro delle lesioni». Versione che la donna due settimane dopo aveva avuto la forza di ribadire guardando dritto negli occhi il figlio durante l'incidente probatorio (un confronto protetto) in carcere. Oltre alle parole di una madre che s'è dichiarata non più disposta a subire soprusi, hanno pesato contro l'allevatore anche le cartelle cliniche (che confermano la violenza), il rinvenimento di tracce del suo Dna su un lenzuolo, testimonianze di conoscenti su cui hanno dato battaglia difesa, accusa e parte civile. È il contesto familiare ritenuto poco attendibile un aspetto su cui ha puntato la tesi difensiva, oltre che sulla negazione del fatto.

La famiglia

Una vicenda nata in una realtà familiare complicata che la parte civile non ha mai negato: «La donna ha vissuto per anni in silenzio, sopportando la violenza, ma stavolta s'è ribellata e non si è mai contraddetta», insiste Annarella Gioi.

La condanna

Nella tarda mattinata di ieri è arrivata la sentenza del collegio presieduto da Tiziana Marogna: 10 anni di reclusione. Cioè sei mesi in più della pena chiesta dal pm Enrico Lussu. Più 50mila euro di provvisionale. Ma la difesa del figlio 54enne non si arrende: «Valutiamo le motivazioni - anticipa l'avvocato Fabiano Pani - e quasi certamente si andrà in Appello».

Andrea Scano

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