Trentuno famiglie per Asia e Artù: nel cuore del Sulcis, da quattro anni, decine di persone stanno unendo le loro forze per regalare una vita serena a due cagnetti che, alla nascita, hanno conosciuto il lato più nero dell'animo umano. Talmente nero da condannarli a una vita da cani "diversi" da tutti gli altri. Chi ama gli animali, e prende a cuore la sorte di tanti randagi, conosce bene quel lato nero dell'animo umano: riguarda quelle persone che pensano che il problema del randagismo si possa risolvere senza il minimo impegno. Non sterilizzano i loro cani, magari li lasciano liberi di scorrazzare in città (facendo correre loro anche il rischio di essere investiti e causare incidenti) e quando arriva una cucciolata indesiderata non hanno alcuno scrupolo: la abbandonano o, ancora peggio, la sopprimono nel peggiore dei modi.

Artù (foto L'Unione Sarda - Piredda)
Artù (foto L'Unione Sarda - Piredda)
Artù (foto L'Unione Sarda - Piredda)

È iniziata proprio così, nel maggio 2015, la storia di Asia e Artù, due meticci dolcissimi, abbandonati appena nati, insieme a altri tre "fratellini", rinchiusi dentro un sacco di plastica, lungo la strada per Sirri, piccola frazione di Carbonia. Non si sa per quale assurdo motivo chi li ha abbandonati avesse messo accanto al bustone, dove i cuccioli si dimenavano disperati, una scatola con del latte e un biberon. Quasi a volersi liberare la coscienza. «Del resto - avrà pensato - se lascio latte e biberon nessuno potrà dire che sono senza cuore». Strano ragionamento: «Ancora oggi non ci capacitiamo di quel gesto - racconta Roberta Crepaldi, volontaria dell'associazione "Amici del canile Carbonia" che nella città mineraria è molto attiva nella lotta al randagismo - quando ci segnalarono quella busta che per i cuccioli rappresentava una trappola mortale, accorremmo subito per tentare di salvarli».

(foto L'Unione Sarda - Piredda)
(foto L'Unione Sarda - Piredda)
(foto L'Unione Sarda - Piredda)

Non fu un'impresa facile. Aperto quell'involucro, i cinque esserini non riuscivano quasi più a respirare. Subito la corsa dal veterinario che dopo la visita, dalla quale emerse che il peggio sembrava passato, diede tutte le istruzioni per seguirli. Occorrevano farmaci e occorreva allattarli con il biberon ogni 3-4 ore fino a quando non fossero stati in grado di mangiare da soli. Una volontaria del gruppo si offrì di tenerli in casa sino allo svezzamento e così, per qualche settimana, la storia sembrava finire a lieto fine: occorreva soltanto trovare cinque famiglie adottive. «Il problema - racconta la volontaria - è che mentre tre fratellini iniziavano a mangiare da soli, a giocare e a rincorrersi, due rimanevano fermi in attesa della balia umana per mangiare.

Scodinzolavano, facevano a loro modo le feste alla balia e ai fratellini, ma restavano fermi. Pensammo che fossero soltanto un po' in ritardo rispetto agli altri, ma i giorni passavano e la situazione non migliorava». Tante le tappe dal veterinario, nuove visite, anche neurologiche ma nessun responso certo. «Nessuno può escludere che siano nati entrambi con un deficit congenito - continua - ma l'ipotesi più probabile, secondo gli specialisti, è che la mancanza di ossigeno, per tutto quel tempo trascorso rinchiusi in quella busta di plastica, abbia creato dei danni neurologici. Eppure dalle visite sembrava che tutto il resto fosse a posto». I cani reagivano agli stimoli, avevano un grande appetito e a modo loro, un modo buffissimo, giocavano per tutto il giorno con il resto della cucciolata.

Asia (foto L'Unione Sarda - Piredda)
Asia (foto L'Unione Sarda - Piredda)
Asia (foto L'Unione Sarda - Piredda)

Il problema è che dare un cane sano in adozione è complicato, affidarne uno malato è impossibile. Per i tre cuccioli sani, infatti, arrivò presto una famiglia (uno di loro, Tango, oggi è un piccolo campione dell'agility dog), per Asia e Artù, questo il nome scelto per loro, non si presentò nessuno. Gli occhi dei due fratellini erano dolcissimi e capaci di trasmettere quell'affetto e quella voglia di vivere che solo chi ha un cane può comprendere, ma trovare una famiglia per loro pareva una guerra persa. Asia e Artù non camminavano, avevano il costante bisogno dell'aiuto dell'uomo. È stato allora che qualche veterinario ha pronunciato la parola "soppressione".

Un incubo per le volontarie che, per settimane, avevano seguito ogni loro minuscolo progresso. La sorte di Asia e Artù è stata fonte di grandi discussioni, lacrime, notti insonni: qualcuno voleva gettare la spugna, qualcun altro, la maggioranza, voleva a tutti i costi tentare ogni strada medica, la fisioterapia e altre cure: «Ma siamo volontari - si dicevano nei mille incontri convocati per fare il punto della situazione - volontari con risorse davvero magre. Tante persone meravigliose ci aiutano ma seguiamo davvero troppi cani, impossibile destinare tutte le risorse a Asia e Artù».

Poi l'idea: «Tante persone chiedevano notizie dei due cagnetti, tramite i social network ci incoraggiavano a non mollare: perché non provare a chiedere aiuto tramite la grande rete di Facebook? Abbiamo deciso di provarci». Nel giro di un secondo la parola "soppressione" è stata sostituita da un piano d'azione intitolato "La grande famiglia allargata di Asia e Artù": Una persona con un grande cuore si era offerta di dare un tetto ai due cagnetti, ma non poteva certo sobbarcarsi tutte le spese, ecco perché servivano dei genitori a distanza. E tanti. «C'erano le cure mediche che comportavano - e comportano anche oggi - la spesa maggiore. E poi occorreva tutto l'occorrente per sfamarli, lavarli ogni giorno visto che non sono autonomi in nessuno momento. Occorreva soprattutto un grande supporto morale». La gara di solidarietà è partita e la "Grande famiglia" ha cominciato a formarsi.

Oggi, che il 2019 sta per finire, Asia e Artù sono ancora sulle loro coperte a giocare, regalare amore incondizionato, pur se con tanti acciacchi, soprattutto per Artù che, qualche tempo fa, ha fatto prendere a tutti un grande spavento per una brutta crisi. Ma poi si è ripreso. Nei giorni scorsi la volontaria Nicoletta Pireddu ha fatto un nuovo report per le famiglie adottive che dalla pagina Facebook seguono l'evolversi della loro vita: «Asia e Artù stanno bene -ha scritto - hanno una vita simile a gli altri cani, sono socievoli con tutti quelli che gli stanno vicino. Sono molto intelligenti e allegri, la loro giornata la trascorrono all'aria aperta e casa loro, muovendosi a modo loro, anche con qualche passo. Mangiano e bevono da soli: Asia mangia in fretta e dopo aver mangiato il suo comincia la guerra con Artù perché vuole mangiare la sua pappa (sempre sotto il controllo della tata)». La volontaria si sofferma sul loro stato di salute: «Non hanno una piaga e il veterinario dice che sono accuditi benissimo. Loro sono molto felici e hanno molta voglia di vivere e la trasmettono. Sono cuccioli speciali nonostante il loro handicap. Chi non li ha vissuti, non potrà capire quanto loro hanno voglia di vivere. Loro sono speciali».

Oggi le famiglie adottive sono 31 anche se a volte qualcuno fatica a essere puntuale con le quote mensili. Se si arrivasse a 33 sarebbe l'ideale. Ma i volontari sono fiduciosi: la magia di Asia e Artù durerà ancora e non li lascerà mai soli. Chi volesse entrare a far parte del loro mondo non deve fare altro che contattare i volontari. Stefania Piredda
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