"Non pensiate che a voi non potrebbe accadere. Rispettate le regole per la prevenzione perché questo virus è subdolo e può colpire chiunque: giovani, anziani, persone con patologie pregresse e altre che, come me e il mio compagno, fino al giorno prima stavano benissimo".

IL DRAMMA - Laura Cosseddu, 44enne di Carbonia, da anni residente a Milano dove lavora in un studio di design, al telefono racconta la sua storia: è in isolamento in casa dopo aver lasciato l'ospedale Niguarda di Milano. È stata ricoverata per dieci giorni dopo aver contratto, insieme al suo compagno, il Covid-19. Lei è fuori pericolo ma solo tra una decina di giorni i tamponi diranno se il virus è sparito.

Lui è ancora in gravissime condizioni: "È un male invisibile che ti colpisce subdolo, si insinua nei tuoi gesti quotidiani - ha scritto Laura in un post per allertare gli amici - ma tu non lo sai e vai avanti, fino a che non sei costretto a fermarti, chiederti cosa stia accadendo, pensi 'ma potrebbe essere lui?'. Fino al 24 febbraio la loro vita era tranquilla. Come tante persone hanno assistito alle resse nei market, mentre in tv tanti ripetevano di stare tranquilli, che il Coronavirus era come una banale influenza. Ma non lo era - dice ancora sconvolta - e quella ressa, i mezzi pubblici affollati, hanno fatto da diffusore del virus".

Poi i primi sintomi: "Fortissimo mal di testa, dolore alle ossa, momenti in cui non sentivamo odori e sapori - racconta - poi la febbre altissima, che andava e veniva. Ma la guardia medica, in una visita domiciliare, dopo che avevamo chiamato anche i numeri dell'emergenza, ci aveva rassicurato parlando di influenza stagionale". Il 2 marzo la situazione è precipitata: "L'ambulanza ci ha accompagnato al Niguarda e il tampone ha dato esito positivo".

LE CURE - Un incubo che nel suo post Laura ha ben descritto: e chiede di usare le medesime parole per mettere tutti in guardia: "Pochi di voi sanno cosa significhi essere in terapia intensiva come è ora il mio compagno, intubato, in coma farmacologico a lottare per la vita. Vuol dire che ti lavano continuamente il sangue per ossigenarlo e sei attaccato a tante macchine che ti tengono in vita. Pensateci prima di essere irresponsabili. I medici stanno facendo il possibile, loro sono degli angeli, non potete capire cosa vivono ogni giorno, sono in trincea e rischiano di ammalarsi ogni minuto". La fede l'ha aiutata: "Ognuno di noi ha il suo credo, ma io posso dire che, se non avessi Dio con me, così vicino, così intenso, in questo momento non ce la farei".

SGUARDO ALL'ISOLA - In questi giorni Laura assiste all'evolversi della situazione in Sardegna, dove vive tutta la sua famiglia e dove lei mai avrebbe pensato di tornare per sfuggire al virus: "Chi lo ha fatto ha messo a rischio la vita di tante persone - ha detto - io, nella sfortuna, sono stata fortunata ad essere a Milano dove ci sono tante strutture, ma Carbonia e le altre città non potrebbero reggere all'emergenza. I miei parenti l'hanno capito e spero che tutti facciano lo stesso" Ecco il perché di quel post: "Sento che questa terribile esperienza non deve essere vana, perché so che è importante sapere che le persone colpite, non sono sempre 'gli altri', ma possono essere gli amici, i conoscenti, coloro che ci sono accanto e che amiamo: solo così possiamo davvero capire quanto la nostra vita in questo momento sia fragile. Seguite le indicazioni che vengono date, non banalizzate. Ve lo chiedo per favore, non andate dai vostri genitori anziani, fate in modo che non escano, si può aiutare anche a distanza e con le dovute precauzioni. I figli vi faranno impazzire a casa, e voi con loro, ma vi assicuro che stare nel vostro nido, con la propria famiglia, non è la stessa cosa che vivere la propria solitudine in una casa vuota, e sapere che la persona che più ami al mondo, la tua vita, potrebbe non tornare più. Beh, vi assicuro che il sacrifcio di stare a casa il tempo necessario sarà una passeggiata. Gli ospedali sono saturi, medici e infermieri stremati, non potete ammalarvi".

Stefania Piredda

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