Una condanna a 18 anni e mezzo di carcere è stata chiesta ieri dal pubblico ministero Danilo Tronci nei confronti del tabaccaio di Carbonia, Gianluca Casula, accusato di duplice omicidio e soppressione di cadavere. È stato lui, secondo il magistrato che ha condotto le indagini, ad aver ucciso l'11 febbraio di 13 anni fa William Tani e Giulano Milanovic, i due giovani amici svaniti nel nulla dopo aver cenato insieme nel campo rom di Carbonia. L'origine del delitto, secondo il pm, sarebbe stato un debito che il tabaccaio avrebbe contratto con uno dei due ragazzi.

Il processo in abbreviato

Si è chiusa ieri davanti al giudice Giorgio Altieri la discussione del processo che si sta celebrando con rito abbreviato nei confronti di Gianluca Casula, ormai da tempo trasferitosi in Germania. A difenderlo ci sono gli avvocati Gianluca e Marco Aste che hanno invece sottolineato l'assenza di prova e ritenuto deboli gli indizi portati dalla Procura, che aveva coordinato le indagini della sezione anticrimine della Polizia. Per il pm Danilo Tronci non ci sarebbero invece dubbi sul fatto che ad uccidere entrambi sia stato il tabaccaio che avrebbe attirato i due amici in una trappola a San Giovanni Suergiu, prima di finirli e far sparire i corpi. Al processo si sono costituiti anche i familiari degli scomparsi, assistiti dai legali Marco Bacchis, Alessandra Corrias e Alessandra Ferrara.

La ricostruzione

Gli investigatori della Squadra mobile e del Commissariato di Carbonia hanno ricostruito quanto avvenuto l'11 febbraio 2007, quando William Tani (33 anni) e Giulano Milanovic (24) erano stati visti l'ultima volta nel campo rom di Sirai. Nel primo pomeriggio i due amici per la pelle si erano poi allontanati per un appuntamento e, da quel momento, era calata la notte e il terrore sulle due famiglie: il 33enne viveva con la mamma, mentre il più giovane era sposato e padre di 4 figli (più uno in arrivo). L'auto di Giuliano Milanovic, una Mercedes classe E, era poi stata ritrovata nelle campagne di San Giovanni Suergiu, in località Cortiois. Gli indizi, secondo il pm Tronci, porterebbero tutti al 45enne Gianfranco Casula che aveva un debito di circa 15 mila euro e che si era poi trasferito in Germania due anni dopo la scomparsa dei ragazzi.

La discussione

Terminata la requisitoria, il pubblico ministero ha chiesto la condanna a 18 anni e mezzo di carcere, mentre le parti civili hanno rivendicato un risarcimento per le famiglia di circa 2 milioni di euro. Nelle 56 pagine di relazione finale degli investigatori della Mobile, guidati da Mario Colla, verrebbero sottolineati i rapporti tra i due amici e l'imputato, ma anche il debito che sarebbe stato all'origine del presunto regolamento di conti. Una serie di indizi che avrebbe convinto l'accusa sulla responsabilità di Casula. Dopo le parti civili ci sono state poi le arringhe dei difensori Marco e Gianluca Aste che hanno chiesto l'assoluzione del loro assistito, sottolineando la totale assenza di indizi di colpevolezza e le discrasie degli elementi d'accusa. Il 15 dicembre si torna in aula per la sentenza.

Francesco Pinna

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