Sassari, per il pediatra ruba l'acqua "per capriccio". Ma la verità è un'altra
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Diciassette anni e risposte da adulto navigato.
Paolo, nome di fantasia, ha raccontato tre anni di vissuto, dal 2011 al 2014, senza trascurare niente. Ha raccontato i suoi furti d'acqua, i suoi fantasmi, ha descritto i suoi tentativi di nascondersi dai genitori. A lungo aveva creduto al suo pediatra: "Piantala con questi vizi, continuando così farai separare babbo e mamma. E ti allontaneranno da loro".
Babbo e mamma erano disperati. Il loro bambino rubava l'acqua a scuola, faceva sparire litri e litri, e li beveva tutti. Anche trenta litri al giorno. Acqua per sopravvivere, ma nessuno lo sapeva. Per il pediatra erano solo birichinate. Quel ragazzino insomma "era un bugiardo".
UDIENZA - Paolo ha raccontato questo e tanto altro, nell'aula del tribunale di Sassari.
Alla sbarra Gavino Forteloni, uno dei professionisti più stimati a Sassari, accusato di lesioni gravissime e negligenza per non avere indagato sulla malattia. La linea difensiva sembra essere questa: la negazione.
Paolo, lui, in realtà "non lo aveva mai visto", "le analisi non rivelavano le origini reali del suo malessere".
Una linea, portata avanti dagli avvocati Ragnedda e Sardu, messa in discussione dal racconto dettagliato di un ragazzino. Non è stata un'ora facile. Paolo ha dovuto raccontare tre anni da incubo, in cui veniva sbeffeggiato dal suo medico di fiducia. È dovuto entrare in particolari delicati, che manco un adulto. In aula non si sentiva una mosca. Paolo si è salvato per un soffio.
LE CURE - È vivo grazie alla sua forza e a quella di una famiglia amorevole. Un giorno la madre gli chiede di raccogliere un oggetto dal pavimento e lui non lo vede. Vanno dall'oculista. Un professionista preparato che intravede qualcosa che non va e chiede ulteriori accertamenti. E lì comincia il calvario. Per fortuna.
Gli accertamenti rivelano due tumori al cervello. Ipofisi e ipotalamo sono bruciati. Paolo rubava l'acqua per salvarsi la vita. All'ospedale Meyer di Firenze lo operano. Ora è vivo e molto arrabbiato: in questo percorso devastante ha visto di tutto, ha dato fondo a tutte le sue risorse. Ha vinto la sua più grande battaglia e ora è carico. Niente di quello che è stato riservato a lui dovrà essere riservato ad altri bambini.
L'ultima udienza ha incatenato tutti alla sedia: il perito di parte, i due parenti che lo accompagnavano alle visite, gli avvocati. Incalzato dal pm Simone Sassu, ha fatto un racconto minuzioso. Non si è tirato indietro mai, nemmeno alle domande degli avvocati del pediatra. Ha voluto rispondere anche quando avrebbe potuto non farlo. Studierà medicina. Ma prima vuole giustizia. Prossima udienza a febbraio.