Sassari: 33 telefonate per allertare i soccorsi, ma Zanna muore dopo 36 ore di agonia
«Con un po’ di umanità in più si poteva intervenire prima»33 inutili tentativi d’aiuto per salvare un cane in via San Pietro d’Ottava a Sassari. 33 telefonate fatte, dalla tarda mattina di ieri fino al pomeriggio, da chi ha visto Zanna, questo il nome della maremmana, moribonda. Ma potrebbero essere molte di più perché l’allarme è partito prima.
«Mi dicono - dichiara una signora accorsa sul posto riferendosi a chi era già presente lunedì - che dalle 8 del mattino stavano chiamando diversi enti per recuperare il cane e che nessuno si era presentato». Eppure, indagando ulteriormente, si scopre che Zanna giace per terra, sotto il sole, il respiro ridotto a un rantolo, da sabato.
Diverse le segnalazioni sul cane nel weekend, da parte degli automobilisti, ma all’intervento si arriva soltanto lunedì. Arrivano le zoofile, attivate da una delle 33 chiamate, che segnalano il caso in Comune ma il cane resta lì.
«Purtroppo non abbiamo mezzi né convenzioni con, ad esempio, i taxi dog - afferma Emma Angius, che gestisce il canile comunale - per far prelevare gli animali e, quel giorno, la polizia municipale non poteva intervenire».
Così ci pensa proprio lei, grazie all'impegno di Susanna Tedde del settore Ambiente, ad arrivare nel pomeriggio con il camion dell’associazione. «Zanna era più morta che viva, le gengive bianche come carta. Qualcuno dice investita, ma forse c’entra l’anemia e l’ehrlichiosi trasmessa dalle zecche di cui era piena».
Con l’aiuto di due guardie zoofile dell’Aeopc, Manuel Chessa e Gavino Zamburru, caricano i 30 kg di Zanna, cane di quartiere e dell’età di 14 anni, microchippata dal Comune, e corrono verso la facoltà di Veterinaria. «Ma purtroppo è spirata al momento dell’arrivo». E ora ci si chiede se sia stato fatto tutto il possibile per salvare il cane.
È una domanda che ritorna nei commenti al post sul caso pubblicato su Facebook dal gruppo “Amici degli animali Sassari e Nord Sardegna”. «Zanna stava male da tanto - conclude Angius -. Con un po’ più di umanità si poteva intervenire prima evitando di lasciarla per un giorno e mezzo sotto il sole».