Mario Becciu, fratello del cardinale Angelo e di Antonio, quest'ultimo indagato dalla Procura di Sassari, difende l'operato della sua famiglia.

«La Spes non è di Tonino Becciu. È una cooperativa di tipo B. Istituita dal Vescovo di Ozieri Sanguinetti come 'braccio operativo della Caritas'. Così come si evince dallo Statuto», scrive su Facebook. «Per la legge italiana – precisa – il rappresentante legale non è il proprietario e gli utili non possono essere divisi tra i soci. Nel caso di fallimento, i soci hanno diritto al recupero della quota soci che nel caso in questione ammonta ad € 25,00. Tonino è proprietario di ben 25 euro».

«Dalle indagini - prosegue Mario Becciu - risulta che Tonino non si è appropriato di un solo euro. Tutti i soldi sono andati alla cooperativa per sostenere gli svantaggiati del territorio. Risulta, però, che è il fratello del Cardinal Becciu. Il Vescovo di Ozieri monsignor Melis ha testimoniato nel processo in Vaticano a favore del Cardinale smentendo tutte le accuse nei confronti di quest'ultimo».

Nel post Mario, fratello del cardinale Angelo e di Antonio Becciu, conclude: «Aspettiamo fiduciosi il confronto con i giudici».

«ACCUSE INFONDATE» – «Le persone coinvolte, allo stato solo indagate, manifestano l'esigenza di chiarire la propria posizione e chiedono il più sollecito accertamento giudiziale dei fatti, certi dell'infondatezza assoluta delle accuse mosse dalla Procura». Così l'avvocato Ivano Iai, difensore di Antonino Becciu, fratello del cardinale Angelo Becciu, del vescovo di Ozieri, Corrado Melis, e delle altre sette persone indagate dalla Procura di Sassari per i reati di peculato e riciclaggio riguardo oltre 2 milioni di euro provenienti dai fondi 8xmille della Diocesi di Ozieri.

L'inchiesta della Procura di Sassari sulla presunta distrazione di risorse destinate alla Diocesi di Ozieri e utilizzate dalla cooperativa sociale Spes, guidata da Antonino Becciu, è partita tre anni fa e a gennaio 2024 c'è stata la chiusura indagini: «Preoccupa il circolo vizioso realizzatosi con la rogatoria che ha visto intersecarsi le procedure vaticana e italiana e che ha di fatto determinato una sistematica violazione dei diritti di alcuni tra gli indagati nel procedimento, insistentemente e illegittimamente citati dal Tribunale vaticano a rendere testimonianza, in quel processo, sugli stessi fatti oggetto dell'indagine sarda, senza il rispetto delle regole rogatoriali, eppure sanzionati poiché non presentatisi», spiega Iai.

«Gli atti acquisiti dall'Autorità vaticana, inclusa la sentenza di condanna del card. Angelo Becciu sono inutilizzabili alla stregua del nostro ordinamento, che non potrebbe mai acquisirli o delibarli, giacché contrari ai principi costituzionali e della Convenzione europea dei diritti umani fondamentali firmata a Roma nel 1950, ratificata e resa esecutiva in Italia, ma mai neppure firmata dallo Stato della Città del Vaticano - continua l'avvocato - Si è certi che la difesa, nonostante la complessità di una vicenda che sottopone la Diocesi a uno stillicidio senza precedenti, potrà dimostrare l'uso corretto delle risorse, in particolare quelle ricevute dalla Cei che, grazie alla documentazione esistente, risulta essere stato trasparente e finalizzato esclusivamente a interventi solidali e di carità».

(Unioneonline)

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