In Sardegna esiste un pane speciale, che oggi affascina (e a volte inquieta!) chi lo vede per la prima volta.

Un tempo protagonista delle settimane di Quaresima, rappresenta una bimba con 7 gambe. Si chiama “Sa Pipia de Caresima” e ormai sono sempre meno le persone che lo preparano. Ma la tradizione legata a questa bambola antica resiste nella memoria di chi, da bambino, l’ha preparata. E non di rado capita che questa bambina faccia capolino nelle case di chi ancora vuole impastare farina, semola, acqua, lievito e sale per tenere in vita un’usanza antica.

Del resto l’Isola, da sempre, è scrigno di riti e usanze che (spesso) scandivano lo scorrere del tempo, delle stagioni, degli anni, quando le lancette degli orologi non esistevano ancora. Ma non solo: tenevano unite le comunità, donavano speranza e contribuivano a spargere un pizzico generoso di “magia” nel quotidiano. La commistione di miti, leggende e arte culinaria millenaria ha dato vita a “Sa Pipia”.

La piccola “nasceva” con S’Arretiru, alla fine del Carnevale: il suono delle campane alla mezzanotte del martedì grasso presagiva l’arrivo del mercoledì delle ceneri, e con esso l’inizio della Quaresima. I sardi dunque si preparavano ad affrontare un periodo di restrizioni, digiuni e privazioni, quasi per pagare il prezzo dell’opulenza delle settimane carnevalesche. Così prendeva vita la bambola dalla forma caratteristica: le sue gambe infatti erano 7 – a rappresentare le 7 domeniche quaresimali –  e ogni settimana ne veniva staccata una. Le famiglie usavano Sa Pipia come calendario: l’ultima gamba veniva tolta proprio il giorno di Pasqua. E la tradizione vuole che la bimba, terminata la sua funzione, venisse bruciata. Questo simboleggiava l’addio al periodo di “penitenza” e l’arrivo della “resurrezione”. In alcune zone della Sardegna la piccola si accompagnava a una figura maschile: Giuanni Spadinu. Il signorotto, con una spada in mano, proteggeva la sua dolce metà dai pericoli e dalle insidie.

***

LEGGI ANCHE:

© Riproduzione riservata