La Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda di revisione del processo avanzata dall’ergastolano Beniamino Zuncheddu e dal suo avvocato Mauro Trogu: risultato ottenuto dopo due anni di battaglia procedurale e un’analoga richiesta avanzata dalla Procura generale di Cagliari.

Il collegio della Capitale ha ritenuto il giudizio ammissibile e poi rinviato a maggio per la richiesta delle prove (testimoni) e ascoltare la testimonianza del perito che dovrà spiegare alcuni passaggi ritenuti poco chiari delle intercettazioni alla base del procedimento giudiziario.

Il pastore di Burcei, 57 anni, in carcere da 32, vuole dimostrare la sua estraneità al triplice omicidio di Sinnai commesso nel 1991 (tre cadaveri e un sopravvissuto a 700 metri di altitudine, delitti legati a sconfinamenti e litigi tra allevatori) e costatogli la condanna definitiva al carcere a vita (oggi è in semi libertà). Tutto ruota attorno ai dialoghi (ascoltati dai carabinieri) tra l’unico sopravvissuto all’eccidio e la moglie avvenuti tre anni fa nell’auto ferma davanti al Palazzo di giustizia, dove l’uomo era stato ascoltato dalla procuratrice generale Francesca Nanni perché chiarisse alcuni punti ritenuti dubbi nella ricostruzione dei delitti.

Il sopravvissuto, spiegando alla donna quali domande gli avessero fatto la magistrata e i carabinieri, aveva rivelato che «mi volevano far dire che Marieddu (il poliziotto che aveva lavorato sui delitti) mi ha fatto vedere la fotografia», quella di Zuncheddu, «prima», cioè in anticipo rispetto al riconoscimento ufficiale, «loro hanno capito che è veramente così, ed è la verità...». Per la pg questo voleva dire che «l’unica fonte di prova» a carico di Zuncheddu era «inattendibile» e «la prova regina che ha portato alla condanna» era «falsa». Da qui la richiesta di revisione. Ammessa dalla Corte.

A maggio saranno presentate le richieste di prova, cioè alcune testimonianze legate alle intercettazioni, e potrebbe essere sentito il perito perché spieghi il significato di alcune frasi. 

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