«Ha rifiutato cure che avrebbero potuto salvarla. Una giovane vita spezzata da scelte che, con ogni probabilità, sono maturate in un contesto di forte condizionamento emotivo e psicologico».

Così il sindaco Giovanni Daga all’indomani della morte a 50 anni non ancora compiuti di Diana Zanin, che in paese gestiva in un negozio. Una malattia che non ha voluto contrastare con la medicina se l’è portata via. 

Ma la storia  potrebbe non essere conclusa: «La vicenda di Diana ci colpisce e ci addolora profondamente», aggiunge il sindaco, «in questi casi tutti intorno vedono, intuiscono, cercano di parlare, ma spesso non sanno come intervenire davvero».

Il primo cittadino, «nel mio piccolo», ha fatto ciò che riteneva giusto «presentando una segnalazione formale alle autorità competenti. È doloroso sapere che non sempre gli strumenti istituzionali riescono ad attivarsi in tempo, non per cattiva volontà, ma perché i confini tra autodeterminazione, fragilità e influenza psicologica sono difficilissimi da valutare».

Oggi, spiega Daga, «resta soprattutto l’amarezza di una tragedia che forse poteva essere evitata. E resta un dovere per tutti noi: non voltare lo sguardo quando percepiamo segnali di isolamento, manipolazione o dipendenza emotiva. Diana meritava di più».

(Unioneonline)

© Riproduzione riservata