"Mio fratello non è morto carbonizzato. Non era neppure un barbone. Né era un disoccupato. La notizia data dai giornali era inesatta su molti punti e ciò che io e la mia famiglia abbiamo letto ci ha molto addolorati. Non bastava la perdita di Gianluca, ci mancava solo vederlo descritto come se non avesse nessuno, uno sbandato che ha passato la notte di Capodanno in un posto isolato trovando la morte avvolto dalle fiamme".

Chi parla è Pier Mario Lisci, fratello di Gianluca, il 52enne morto l'ultimo dell'anno in una villetta di amici alla periferia di Quartu. "Gli hanno sbagliato perfino il cognome: siamo Lisci, non Lixi".

Ma non se la prende con i giornalisti "che fanno solo il loro dovere", piuttosto "è l'approssimazione di chi in prima battuta divulga particolari inesatti che di bocca in bocca finiscono poi per diventare definitivi". Vuole quindi sottolineare punto per punto, "per la memoria di mio fratello e per noi famigliari", che, "Gianluca non è affatto morto carbonizzato: dopo i festeggiamenti con gli amici, nella tavernetta della casa dove era stato acceso il caminetto, forse per cuocere qualcosa, mio fratello si è sdraiato sul divano. Avrà anche alzato un po' il gomito con i brindisi, e chi non l'ha fatto quella sera? Si è addormentato e di sicuro un lapillo, finito sui tessuti, deve aver cominciato a bruciarli lentamente, senza fiamme. Si è detto che un principio di incendio è stato spento, ma questo non si può sapere, e se anche fosse, qualche focolaio deve aver continuato a farsi strada subdolamente, come sottotraccia. Lui non si è accorto di nulla, mentre la fuliggine si alzava e gli ricadeva addosso. Sarà per questo che si è detto che è morto carbonizzato, ma era solo nero, nero perché coperto di fuliggine. Il suo viso era sereno, intatto, come chi muore nel sonno senza soffrire. Solo scuro. Anche i suoi vestiti, che mi sono stati restituiti, non erano malridotti. Soltanto i calzini erano bruciati e quindi i piedi ustionati. Mi sono tenuto la sua cintura in pelle, gliel'avevo regalata io stesso fatta da me, e quando l'ho ricevuta aveva solo odore di fumo. Poi chi l'ha rivestito col migliore abito che abbiamo fornito ci ha detto che se fosse morto carbonizzato lo si sarebbe visto anche dai muscoli che col fuoco si 'ritirano'; lui non era assolutamente ridotto così".

La commozione è tanta, al ricordo della perdita di questo affetto e delle cose inesatte che sono state scritte: "Non è corretto presentarlo come un uomo solo, uno senza nessuno, quasi un barbone che ha dovuto passare il capodanno in quel modo, a dormire da solo in una stanzetta seminterrata mentre tutti gli altri ai piani superiori. Gianluca aveva due appartamenti che gli hanno lasciato i miei genitori, uno l'aveva affittato e nell'altro abitava; viveva di rendita e faceva l'artigiano; quindi non era neppure il disoccupato che è stato descritto. Nell'ultimo periodo aveva momentaneamente lasciato il lavoro perché ogni due giorni andava a Guasila a seguire due nostri zii malati, per questo non poteva lavorare a tempo pieno".

Anche questo dettaglio ora è chiarito. Dare la notizia è stato un diritto-dovere dei media, ma se qualche errore c'è stato è altrettanto doveroso correggersi.

Così i parenti di Gianluca Lisci, che ancora piangono il loro congiunto, vogliono restituire l'immagine di lui come era: "Vi mando la sua foto, così lo vedete".
© Riproduzione riservata