"Non ci sono colpi alla testa, ma i corpi presentano diverse lesioni da arma da fuoco".

Lo hanno detto, nel corso di una conferenza stampa a Roma, Orazio Cascio e Luisa Reggimenti, consulenti medico legali, dopo l'autopsia compiuta sui corpi di Fausto Piano e Salvatore Failla, i due ostaggi italiani rapiti e uccisi in Libia.

L'autopsia è stata eseguita questa mattina al Policlinico Gemelli di Roma, dopo quella fatta ieri a Tripoli; la decisione di effettuare comunque l'esame autoptico in Libia è stata duramente criticata dalle famiglie delle due vittime.

Sul corpo di Fausto Piano sono stati individuati numerosi colpi di arma da fuoco compatibili con l'ipotesi che a uccidere il tecnico di Capoterra sia stata una raffica di colpi esplosi durante un agguato.

IL RACCONTO DI UNA TESTIMONE - Intanto tra le tante versioni fornite finora su quanto accaduto a Sabratha si aggiunge la testimonianza di una donna tunisina.

"In un'auto c'erano i soldi del riscatto. I ribelli l'hanno incendiata e hanno ucciso gli ostaggi perchè nessuno doveva metterci le mani sopra". Ha raccontato Wahida bin Mukhtar, membro del commando di sequestratori degli italiani in Libia, secondo quanto rivelato durante il programma Piazza Pulita in onda su La7.

La donna avrebbe infatti postato un video su Facebook in cui racconta l'assalto delle forze libiche a Sabratha dove sono rimasti uccisi gli ostaggi. "Eravamo in auto in una zona di pianura. Si siamo fermati per mangiare - racconta la donna -. Quando abbiamo finito siamo tornati alle auto. Uno dei militanti ci ha dato l'allarme: 'Arrivano i ribelli'. I ribelli hanno aperto il fuoco, noi abbiamo urlato: Fermi mettiamoci d'accordo'.

Ma i ribelli hanno sparato ancora, una pallottola ha colpito mio figlio. La sparatoria si è fatta sempre più intensa. In un'altra macchina c'erano i soldi del riscatto degli ostaggi. I ribelli le hanno dato fuoco e hanno ucciso gli ostaggi perché nessuno doveva metterci le mani sopra". La veridicità della testimonianza della donna non è confermata.

Le salme dei due tecnici, partite alle 22.30 di ieri da Tripoli a bordo del C-130 dell'Aeronautica militare, sono arrivate all'aeroporto romano di Ciampino intorno all'una e trenta.

Dopo l'ennesimo sfregio degli esami autoptici, con i funzionari delle Farnesina che sarebbero stati addirittura minacciati con le armi dai poliziotti libici per constringerli a consegnare i corpi, i familiari di Failla accusano: "Siamo stati abbandonati".

La moglie del tecnico siciliano ha fatto sentire l'ultima telefonata di Salvatore, dove uno dei sequestratori parlava in italiano: "Sono solo. Aiutatemi", supplicava in una registrazione l'ostaggio.
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