Hanno scritto alla Regione i sindaci di Sedilo, Aidomaggiore, Ghilarza, Boroneddu, Soddì, Tadasuni, Ottana, Dualchi e Noragugume.

Sono i comuni oggi classificati tra le zone svantaggiate, requisito che rischiano di perdere. Nelle scorse settimane sono stati interessati da una nota inviata dall'assessorato all'Agricoltura. Comunicazione nella quale si precisa che in Italia, come in tutti gli altri Stati membri dell'Unione europea, è in corso il processo di revisione delle aree non montane con vincoli naturali significativi.

E dai risultati di uno studio biofisico condotto dal Ministero dell'Agricoltura i nove Comuni risulterebbero non più svantaggiati.

A quel punto la Regione ha chiesto una serie di dati per verificare se i territori rientrano o meno nei parametri per essere classificati ancora come zone svantaggiate. Perdere questa classificazione sarebbe devastante, i sindaci si sono quindi subito attivati e, coordinati dal collega di Sedilo Salvatore Pes, hanno inoltrato una lunga nota all'assessorato all'Agricoltura.

Si chiarisce che perdere il requisito di zona svantaggiata "può avere un effetto devastante per la comunità, oltre a creare un danno in termini di sostenibilità economico finanziaria per le aziende agricole e per tutto il comparto di filiera ad esse legato".

I sindaci quindi spiegano: "Il regime delle zone agricole svantaggiate, soprattutto in Sardegna, è oggi una componente rilevante delle politiche comunitarie per l'agricoltura e lo sviluppo rurale. L'individuazione del regime comunitario delle zone svantaggiate agricole aveva l'obiettivo di colmare le disparità naturali esistenti tra le diverse regioni agricole dell'Unione Europea attraverso l'istituzione di un regime particolare di aiuti come le indennità compensative".

E si precisa: "Queste misure sono destinate a incentivare le attività agricole in zone depresse e compensare il mancato reddito degli operatori agricoltori. Lo spopolamento di determinate aree, lo scarso presidio dei medesimi territori con tutte le conseguenze negative che ne scaturiscono rappresentano le finalità delle politiche comunitarie".

I nove comuni interessati dalla revisione sino ad oggi rientravano in quelle aree prevalentemente agricole, a bassa produttività, minacciate da spopolamento e nelle quali è necessario conservare l'ambiente naturale.

I sindaci sottolineano: "Il processo di revisione delle zone svantaggiate e zone intermedie, iniziato con la riforma della politica comunitaria 2007-2013, su richiesta della Corte dei conti europea, va in direzione opposta a quella proposta dal Ministero dell'Agricoltura, in quanto, contrariamente a quanto richiesto, prevede l'individuazione di territori per rafforzare gli obiettivi ambientali e gestione del territorio. Perciò il Ministero avrebbe dovuto individuare ulteriori zone caratterizzate da svantaggi naturali".

Riferendosi ai propri territori i sindaci puntualizzano: "Sono caratterizzati da tratti con forti pendii che rendono impossibile la meccanizzazione e conseguente lavorazione dei terreni, altri, da substrati rocciosi con pietrosità eccessiva e scarsità di suolo. Questi indicatori biofisici abbinati con condizioni climatiche molto difficili e scarsità d'acqua si traducono in un periodo vegetativo ridotto adatto solamente a colture foraggere tipiche di allevamenti estensivi o semi-estensivi. Possiamo certamente dimostrare,che il territorio in esame sono soggetti a vincoli naturali significativi. Si dovrebbero inoltre considerare anche gli indicatori socio-economici. Non tralasciamo ovviamente l'importanza che e relazione che le aziende agricole rivestono nella salvaguardia e gestione delle aree rurali ed evoluzione nei contesti evolutivi e di salvaguardia della biodiversità. Ci auspichiamo anche in futuro una politica rurale che tenda a rafforzare il legame delle aziende agricole con il territorio, unico strumento per fronteggiare i fenomeni, purtroppo crescenti, di dissesto idrogeologico, erosione del territorio e desertificazione. La perdita del requisito di zona svantaggiata comporterebbe una serie di problematiche di carattere sociale e strutturale; accentuerebbe la tendenza dell'abbandono delle attività agricole e fenomeni di spopolamento soprattutto di giovani attratti da opportunità di lavoro più favorevoli in altri settori e in altre zone anche fuori della Sardegna".
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